“Il tempo si muove in una direzione, la memoria in un’altra, e noi siamo impegnati a costruire artefatti per contrapporci all’inarrestabile flusso dell’oblio. In realtà, ci contrapponiamo al flusso del silenzio. Erigiamo pietre: le pietre parlano, anche dopo tutti questi secoli. Contro la pressione del silenzio, dell’oblio, contro l’assenza di memoria, schieriamo vari tipi di principi di informazione. I primi elementi di informazione, forse, erano pezzetti di argilla color ocra, il bisonte riprodotto nella risoluzione minima necessaria. La stilizzazione dei graffiti delle caverne non ha perso minimamente la sua efficacia, neanche dopo tutti questi millenni; di quale schermo del mondo odierno potremo dire la stessa cosa nel giro di un decennio? E quei bisonti saranno riconoscibili, inalterati, su qualsiasi piattaforma, qualsiasi mezzo d’informazione dovessimo possedere.”
Questo l’inizio dell’interessante articolo di William Gibson apparso un paio di giorni fa sul Corriere della Sera.
lacrime scorrete disse il poliziotto.
alterazioni tubolari
per altezze temporali
incrociate da cromie
per dissimulare
silenzio ponente
in un bianco glaciale
irriverente
quasi a stagliare
tenebre d’acciaio
fuse in un sol levante.
grazie. lacrimavo quando l’ho sentito tra le antiche mura.
La differenza fra il passato ed il presente sta proprio nell’attesa. Ora tutto corre perchè abbiamo fretta d’arrivare, per cui ciò che si realizza non potrà resistere al tempo. I nostri progenitori avevano il culto dell’attesa paziente che realizzava opere giunte a noi, senza quell’arte certosina e lenta, non saremmo venuti a conoscenza del loro vissuto. Fruire del passato, equivale a non obliare tutto ciò che sta a monte e che ci appartiene, la memoria va coltivata: le nostre radici fanno parte di noi. Fermiamoci a pensare!