Il mondo drogato della vita a credito

Scrive Zygmunt Bauman in un illuminante articolo apparso su Repubblica:

[…] L’odierna stretta creditizia non è risultato del fallimento delle banche. Al contrario, è il frutto del tutto prevedibile, anche se nel complesso inatteso, del loro straordinario successo: successo nel trasformare una enorme maggioranza di uomini e donne, vecchi e giovani, in una genìa di debitori. Perenni debitori, perché si è fatto sì che lo status di debitore si auto-perpetui e si continuino a offrire nuovi debiti come unico modo realistico per salvarsi da quelli già contratti. Entrare in questa condizione, ultimamente, è diventato facile quanto mai prima nella storia dell’uomo: uscirne non è mai stato così difficile. Tutti coloro che erano nelle condizioni di ricevere un prestito, e milioni di altri che non potevano e non dovevano essere allettati a chiederlo, sono già stati ammaliati e sedotti a indebitarsi. E proprio come la scomparsa di chi va a piedi nudi è un guaio per l’industria calzaturiera, così la scomparsa delle persone senza debiti è un disastro per l’industria dei prestiti. Quanto predetto da Rosa Luxemburg si è nuovamente avverato: comportandosi come un serpente che si mangia la coda il capitalismo è nuovamente arrivato pericolosamente vicino al suicidio involontario, riuscendo ad esaurire la scorta di nuove terre vergini da sfruttare…

Negli Usa il debito medio delle famiglie è cresciuto negli ultimi otto anni – anni di apparente prosperità senza precedenti- del 22 per cento. L’ammontare totale dei prestiti su carta di credito non pagati è cresciuto del 15%. E , cosa forse più minacciosa, il debito complessivo degli studenti universitari, la futura élite politica, economica e spirituale della nazione, è raddoppiato. L’insegnamento dell’arte di “vivere indebitati”, per sempre, è ormai inserito nei programmi scolastici nazionali… Si è arrivati a una situazione molto simile in Gran Bretagna. Il resto dei Paesi europei segue a non grande distacco. Il pianeta bancario è a corto di terre vergini avendo già sconsideratamente dedicato allo sfruttamento vaste estensioni di terreno sterile.

La reazione finora, per quanto possa apparire imponente e addirittura rivoluzionaria per come emerge dai titoli dei media e dalle dichiarazioni dei politici, è stata la solita : il tentativo di ricapitalizzare i prestatori di denaro e di rendere i loro debitori nuovamente in grado di ricevere credito, così il business di prestare e prendere in prestito, dell’indebitarsi e mantenersi indebitato, potrebbe tornare alla “normalità”. Il welfare state per i ricchi (che a differenza del suo omonimo per i poveri non è mai stato messo fuori servizio) è stato riportato in vetrina dopo essere stato temporaneamente relegato nel retrobottega per evitare invidiosi paragoni. Lo Stato ha nuovamente flesso in pubblico muscoli a lungo rimasti inattivi, stavolta al fine di proseguire il gioco che rende questo esercizio ingrato ma, abominevole a dirsi, inevitabile; un gioco che stranamente non sopporta che lo Stato fletta i muscoli, ma non può sopravvivere senza.

Quello che si dimentica allegramente (e stoltamente) in quest’occasione è che l’uomo soffre a seconda di come vive. Le radici del dolore oggi lamentato, al pari delle radici di ogni male sociale, sono profondamente insite nel nostro modo di vivere: dipendono dalla nostra abitudine accuratamente coltivata e ormai profondamente radicata di ricorrere al credito al consumo ogni volta che si affronta un problema o si deve superare una difficoltà. Vivere a credito dà dipendenza come poche altre droghe, e decenni di abbondante disponibilità di una droga non possono che portare a uno shock e a un trauma quando la disponibilità cessa. Oggi ci viene proposta una via d’uscita apparentemente semplice dallo shock che affligge sia i tossicodipendenti che gli spacciatori: riprendere (con auspicabile regolarità) la fornitura di droga.

Andare alle radici del problema non significa risolverlo all’istante. È però l’unica soluzione che possa rivelarsi adeguata all’enormità del problema e a sopravvivere alle intense, seppur relativamente brevi , sofferenze delle crisi di astinenza.

3 pensieri riguardo “Il mondo drogato della vita a credito

  1. Trovo che sia un’analisi perfetta: mi ricordo lo stupore
    mio e di mia moglie quando, approdati in Inghilterra nel 98,
    vedevamo le offerte (in Italia non c’erano ancora) nei negozi:
    compri oggi, paghi tra un anno. Devo confessare che mi sembrava,
    e mi sembra, delirante: un anno passa in fretta, e si rischia,
    col perfido sistema del credito, di pagare divano, cucina, armadio, ecc., tre o quattro volte, è questione di interessi composti.
    E’ l’evoluzione della vecchia cambiale (ricordate Fantozzi e le sue centinaia di firme…), col problema (perché anche il demonio si evolve…) che la carta di credito non si può “girare”,
    e i debiti si eternano.

    Ciao

    Carlo

  2. Sai, Carlo, lo scorso inverno, dunque in tempi non sospetti (insomma, la crisi già covava) parlavo delle stesse cose con un amico americano. Si diceva convinto che l’intero sistema capitalistico USA fosse al capolinea e che l’unica cosa certa erano – e lo sono tuttora – gli immani debiti contratti, a vario titolo, da milioni di americani.
    Egli stesso, texano considerato più che benestante, si ritrova a dover pagare un mutuo per una casa – la classica villetta dei film hollywoodiani – che comunque, mi diceva avvilito, non potrà più permettersi. All’epoca dell’acquisto, raccontava, ebbe addirittura l’imbarazzo della scelta per decidere la banca mutuataria.
    L’altro giono gli ho chiesto notizie. Mi ha risposto, serenamente e pacatamente, che ha la certezza di essere rovinato.

  3. Comunque, per non tragicizzare troppo la cosa,
    comprare a credito, avere debiti, è stata una procedura
    consueta per i piccoli impiegati, per i contadini,
    per i commercianti al dettaglio per secoli, anche da noi
    (i famosi “buffi” della tradizione romana…).
    Quel che c’è di diverso oggi è che la “crisi” colpisce anche la media borghesia impiegatizia, che tradizionalmente aveva poco credito, ma ne chiedeva anche poco (molti vivevano tutta la vita in casa d’affitto) e addirittura si estende verso l'”alto” della scala
    sociale.
    La differenza è che oggi siamo invitati a consumare sempre di più,
    ed il fatto di non poterlo fare, ci spinge al panico.
    E’ anche difficile stabilire delle priorità realistiche, se tutti
    premono perché ti compri il superfluo, rinunciando al necessario.
    “Ci vuole un fisico bestiale”, in buona sostanza.

    Ciao

    Carlo

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