Giornata internazionale per le vittime della tortura

carcere

Il 26 giugno è stata la Giornata internazionale per le vittime della tortura proclamata dall’Onu. Dalle nostre parti ha un sapore un po’ esotico: quando se ne parla, anche in ambienti istituzionali, sembra si parli di concetti astratti. Certo, Guantanamo e Abu Grahib ci hanno dato qualche brivido, ma – come ebbe a dire un alto magistrato qualche anno fa – la tortura da noi non è prevista, e dunque è un problema che riguarda quei Paesi che la prescrivono.

Leggete allora questa testimonianza di abusi, raccolta da Stefano Anastasia e Fiorentina Barbieri (difensore civico per l’associazione Antigone)

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Internet ci spegne?

doonesbury on using notebooks

Scrive Nadia Urbinati su D WEb:

Internet sta spegnendo l’attivismo? La rete sembra darci quello che avevamo perso: la voce diretta sulle questioni pubbliche. Se democrazia significa partecipazione e presenza diretta, allora un sistema che ci offre l’immediatezza nella comunicazione non può che farci pensare di essere ritornati a praticare direttamente la democrazia. Come gli antichi greci entriamo nell’agorà tutti i giorni e quando più lo desideriamo. Con un’aggiunta importantissima: senza uscire mai di casa. La tecnologia è riuscita ad azzerare il tempo tra l’accadere, il conoscere e il reagire. Ad annullare la distanza tra gli attori sociali. Partecipiamo senza uscire dal nostro spazio privato, senza interrompere le nostre occupazioni. I ritmi della nostra vita privata dettano il tempo della nostra partecipazione mediatica.

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Nuova recensione di “Processo agli Scorpioni”

Processo agli Scorpioni

Un breve estratto della bella recensione di Processo agli Scorpioni di Jasmina Tesanovic – appena intervistata, tra l’altro, su BabelMed da Vesna Scepanovic – a cura di Roberto Nicoletti per Arcilettore:

La lettura del libro, che mette in evidenza il coraggio della giudice e di molti personaggi che costituiscono la storia di questo processo, è profondamente angosciante e solo la scrittura giornalistica e narrativa dell’autrice rende scorrevole. Può darsi che qualcuno sia più sensibile di altri, ma mi sono reso conto che la scelta pacifista, intesa non solo come posizione contro la guerra ma anche contro ogni nazionalismo, contro ogni fascismo, sia la sola che possa salvarci da quell’orrore.

Motori, manovelle e inerzia mentale

di Carlo Santulli

Una domenica mattina di giugno, davanti a casa: poco traffico, ma due auto ferme col motore acceso, per decine di minuti: aspettavano qualcuno, che tardava, che finalmente è arrivato, ma molto tempo dopo: prima-seconda, e via verso nuove fantastiche avventure.

Non si sosta col motore acceso (in divieto di fermata, poi…), i regolamenti comunali lo vietano ormai da qualche anno: non è soltanto una questione di buona educazione, si innalza anche inutilmente il livello delle emissioni nell’aria, si spreca carburante (anche se con mia moglie ad un certo punto speravamo che finissero la benzina). Scendere e dirglielo? Può essere un’idea, in fondo abitiamo al primo piano, perché no? In altre occasioni, l’abbiamo anche fatto, dato che abitiamo sulla circonvallazione, e non è la prima volta che ci capita.

Ma sappiamo per esperienza che le persone al volante spesso ti guardano come fossi matto, avessi chiesto qualcosa di offensivo, o semplicemente giurano e spergiurano che ripartiranno (a seconda del livello di aggressività, suppongo) e spesso non lo fanno: episodi così sono, ancora, all’ordine del giorno. Pochi, pochissimi, vi assicuro, spengono il motore. Quindi è necessario, credo, un ulteriore livello di approfondimento: perché non lo fanno?

Sono arrivato alla conclusione che è un problema atavico: quando le auto, fino a circa il 1925 o poco dopo, funzionavano a manovella, se il motore si spegneva, bisognava scendere, magari sotto la neve (vabbé che lo faceva lo chauffeur, che non a caso significa non quello che guida, ma quello che scalda: va da sé, il motore). L’accensione a manovella veniva fornita da produttori, come la Citroën per la sua 2CV, anche molto più in là, fino a circa gli anni ’60, credo, ma insomma col tempo le auto hanno assunto un sistema di accensione più affidabile e, se l’avvolgimento della bobina è correttamente in tensione, la batteria non è scarica, ecc., grazie al Cielo, anche se il motore si spegne, si riaccende subito (poi, diciamocelo, siamo a giugno e non fa certamente freddo).

Tuttavia, pensandoci bene, il problema non è limitato alle auto lasciate inutilmente a motore acceso: c’è francamente qualcosa di più profondo, ed è la nostra inerzia mentale. E’ di questi giorni la notizia che il nostro Governo ha chiesto un altro anno di proroga prima di mettere fuori mercato le buste di plastica non biodegradabile (in pratica di polietilene), a favore dei sacchetti biodegradabili a base di amido e/o delle borse pluriuso in fibra naturale (ne ho a casa un paio in tela di canapa che aspettano solo di servire alla nostra spesa).

Ecco, e finché non ci sarà la coercizione, cioè le buste di plastica come le conosciamo spariranno, ben pochi si muoveranno: per inerzia mentale, appunto. Non sono solito essere pessimista, ma credo tale comportamento faccia parte della natura umana, ci sono tante cose che si fanno ancora (e anzi sembra “strano” fare altrimenti), ma nessuno ricorda più perché, quello dell’auto a motore sempre acceso per via dell’eredità dell’ignizione a manovella è solo un esempio, ma mi fa pensare che l’unico modo per far cessare queste curiose usanze locali sia la costante presenza di un vigile con un simpatico blocchetto in mano.

Meno che umani

Ratko MladicLa settimana scorsa la televisione bosniaca ha trasmesso una serie di video amatoriali del criminale di guerra più ricercato al mondo, il serbo-bosniaco Ratko Mladic. Jasmina Tesanovic ha inviato dalla Serbia una toccante testimonianza, oggi pubblicata da PeaceLink. Un estratto:

Ci sono coloro che credono ai loro occhi più che i loro funzionari, che credono in fatti più che in ideologia, che credono che la pace può venire solo attraverso la giustizia. E quando dico noi pochi, mi riferisco agli attivisti, i diritti umani, gli avvocati, le famiglie di Mladic di vittime, e coloro che, senza volerlo, in un modo o nell’altro, attraversato il cammino di nascosto nascosto generale.

Steve is back (almost)

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Steve Jobs, leggendario CEO di Apple, ha firmato di suo pugno il comunicato con cui Apple ha festeggiato il traguardo di un milione di pezzi venduti in 2 (!) giorni del nuovo iPhone3GS. A breve dovrebbe tornare ad occuparsi, sia pure con un’agenda di impegni ridotta, della direzione della Casa della Mela Morsicata. Ricordiamo che al momento il suo ruolo è stato ricoperto, anche nelle occasioni pubbliche, da Phil Shiller, personaggio certamente meno carismatico, ma  pur sempre uno dei nomi più in vista del Gotha hi-tech mondiale.

Anyway, wellcome back, Steve!