Di recente è divampata una polemica, soprattutto negli USA, sulla presunta insularità della cultura americana.
Philip Roth, intervistato da Repubblica, commenta così la querelle:
È una polemica talmente ridicola che non riesco neanche a capirla. Io ritengo che la letteratura americana, dal dopoguerra ad oggi, sia stata la più importante del mondo, con autori come Faulkner, Hemingway e Bellow. E anche ai nostri giorni abbiamo scrittori di prim’ordine come Don DeLillo, E. L. Doctorow, Cynthia Ozick, Joyce Carol Oates e Toni Morrison. Mi sento in compagnia di colleghi eccellenti.
Io non credo che la letteratura nord-americana dal dopoguerra in poi, sia stata la più importante del mondo. Credo soltanto che sia molto meglio reclamizzata di tutto il resto… 🙂 e credo anche che molti statunitensi non siano interessati di altro che non venga dal loro paese, il che indubbiamente aiuta questo processo…
Naturalmente è la mia opinione.
Mah, che dire? Non possiamo generalizzare, caro Carlo. Però sostanzialmente direi che Roth – scrittore che ADORO – ha abbastanza ragione.
Il panorama italiano, tolti i soliti, grandissimi, Calvino, Pontiggia, Berto, Bufalino, non mi sembra abbia prodotto capolavori immortali: se penso ai premi Strega degli ultimi anni, guarda, rabbrividisco…
E poi il marketing è molto attivo anche da noi, guarda la sovraesposizione di personaggi come Roberto Saviano – a mio parere molto sopravvalutato – o Baricco o il tristissimo ed etereo Erri de Luca… Ma la lista degli orrori sarebbe lunga e preferisco tacere! 😉
Con stima (leggo tutti i suoi pezzi su FP e li apprezzo molto, sa!),
Caterina
Cara Caterina,
grazie per il tuo messaggio. Nessuno vuole negare l’importanza di Roth come scrittore (ci mancherebbe, è probabilmente uno dei maggiori degli ultimi cinquant’anni). (Su alcuni dei nomi che Roth cita, invece, sono meno d’accordo).
Tuttavia, è anche difficile negare che la cultura americana
ha sofferto dal secondo dopoguerra di un’ossessiva attenzione verso il proprio interno, nella convinzione che ciò che veniva
da fuori non fosse importante (a volte che non esistesse proprio).
Con questo non voglio dire che le vicende della letteratura italiana recenti siano entusiasmanti, ma che ci sono letterature in tutto il mondo tuttora poco conosciute, eppure di alto livello.
Per esempio la mia impressione su certa letteratura africana recente è più che buona, e naturalmente c’è l’Asia, il Sudamerica
e anche l’Europa, nonostante tutto.
Sugli ultimi premi Strega, almeno dal 2002, sono d’accordo con te, ma qualcosa di meglio esce ancora per fortuna, a mio parere,
anche se magari non vende altrettanto. Però la sostanza del mio messaggio non era USA vs. Italia, semmai USA vs. resto del mondo.
Anche perché la grande cultura nordamericana è stata prodotta in buona parte dal contatto con l’Europa e con l’ebraismo, un isolamento non produrrebbe (e non produce, a mio parere) gli stessi risultati. Lo stesso Hemingway è stato in vita sua quasi più in Europa che nel suo paese.
Ciao
Carlo