L’ufficio stampa 2.0

In prossima pubblicazione con Bruno Editore “L’ufficio stampa 2.0”, una guida alla pratica ed ai principali strumenti dell’ufficio stampa sul web.

È disponibile in anteprima sul Web il primo manuale dedicato all’ufficio stampa 2.0. Nella guida si analizzano i nuovi paradigmi della comunicazione digitale e l’influenza che questa ha avuto per i tradizionali strumenti ed iter operativi dell’ufficio stampa offline.

Internet ha completamente rivoluzionato il mondo della comunicazione: questo è vero anche per chi si occupa di ufficio stampa. Strumenti come i comunicati stampa ed i press kit hanno subito un profondo cambiamento nelle loro specifiche modalità di utilizzo e nei pubblici di riferimento a cui sono indirizzati.

Anche i rapporti con i media hanno visto importanti cambiamenti. Se da un lato diventa immediato il contatto con giornalisti e gli opinion leader, dall’altro abbiamo assistito alla nascita di nuovi “strumenti di visibilità” denominati sotto la categoria di “social media” o “media 2.0”. Si pensi ad esempio all’importanza che hanno avuto per molte aziende in tempi recenti i blog ed i social network per la costruzione di un’immagine aziendale di successo.

Ma questo importante cambiamento di paradigma necessita di strumenti adeguati e di un’importante chiave d’interpretazione per essere compreso ed utilizzato al meglio da chi si occupa di comunicazione. Le nuove regole delle relazioni pubbliche online permettono infatti di ottenere passaparola ed interesse virale da parte dei propri pubblici di riferimento, con molta più immediatezza e riscontro di quanto non fosse possibile in precedenza.

Il web è un fenomeno in continua e costante crescita, e rappresenta un’opportunità incredibile per rinnovare le proprie strategie di comunicazione” ha affermato Stefano Calicchio, autore del manuale. “Far entrare il proprio ufficio stampa nell’era del Web 2.0 può essere più semplice di quanto si pensi, ma solo a patto di sapere come fare. Per chiunque desideri passare dalla teoria all’azione, è ora disponibile un manuale pratico in grado d’indicare la strada da seguire”.

Il libro è edito da Bruno Editore e sarà in vendita a partire dal 02 dicembre 2009. Per chiunque fosse interessato ad approfondire le tematiche e l’argomento trattato è possibile scaricare gratuitamente il primo capitolo del manuale, ma solo per un periodo limitato di tempo.

Link alla pubblicazione:

http://www.autostima.net/raccomanda/l-ufficio-stampa-2-0-stefano-calicchio/

Rientro dei cervelli

Negli ultimi anni si fa un gran parlare di “rientro dei cervelli”, specialmente a partire dal 2001, quando (era allora ministro dell’Università e della Ricerca Ortensio Zecchino), si è promulgato il primo decreto con questo intento (D.M. del 26/1/2001 n.13), che ha permesso a circa 400 ricercatori che da almeno tre anni si trovavano fuori dall’Italia di rientrarvi. “Cervelli” non necessariamente italiani, notate bene: d’altronde, nello spirito di Maastricht, si tratta di uno scambio di ricercatori a tutti gli effetti; il fatto che pochi non italiani se ne siano avvalsi, è un dato indubbio, ma non significa che il piano fosse inteso esclusivamente a far tornare gli italiani in patria (anche se così l’informazione del nostro paese l’ha sempre presentato).
I ricercatori rientrano in Italia, dopo una selezione con pareri di esperti esteri che ne sceglie soltanto circa il 20%, con contratti fino a quattro anni, non rinnovabili nella stessa forma. Il legislatore ha voluto così, diciamocelo senza falsi pudori, per evitare che, come la Commissione Europea prescrive, il datore di lavoro abbia, passati i quattro anni di impegno continuativo, un obbligo vincolante di proporre la persona per assunzione, non necessariamente nella posizione che riveste, ma insomma in una posizione “compatibile” con quella precedente. I fondi, anche se ancora qualcuno lo nega, sono di provenienza europea, tanto è vero che sono tassati all’origine, ma senza diritto ad assegni familiari né alla tredicesima, in perfetto stile delle borse di studio e lavoro erogate dalla Commissione Europea, anche se, va detto, su livelli retributivi un po’ diversi.
Al termine dei quattro anni, il ricercatore deve scrivere un resoconto sulla propria esperienza, dando anche al Ministero dei consigli sul possibile  miglioramento del programma “rientro dei cervelli”.
Ecco, mi sono chiesto spesso che cosa ci scriverò in questo resoconto, dato che la fine dei miei quattro anni si avvicina a grandi passi. Devo dire che un po’ mi lusinga il fatto che il Ministero mi chieda un parere, ma d’altro canto mi fa un po’ l’impressione di redigere, invece che un rapporto scientifico sulle mie attività, una specie di tema delle medie, del tipo “Raccontate un viaggio che avete fatto”. Comunque, i miei consigli per il miglioramento dello schema “Rientro dei cervelli” li ho, e forse è il momento di tirarli fuori.
Segue il mio modesto cahier de doléances:
1. La legge, come tutte le leggi in questo strano paese, è molto aperta alle varie interpretazioni: il “cervello” rientrato, per esempio deve svolgere trenta ore di lezione (almeno) a semestre; di per sé non sono molte. Inoltre, in una situazione come l’attuale dell’università, avere ricercatori disponibili (anzi, tenuti) ad insegnare è un’occasione interessante. Nella pratica, le università non necessariamente sanno come utilizzare questa risorsa: la soluzione empirica adottata da molti atenei è quella del “tappabuchi” di lusso, per cui si fanno seminari, lezioni, ecc., in vari corsi, ma senza essere titolare di alcun insegnamento. So che tuttavia alcune università hanno fatto la scelta di assegnare un corso, o più, al “cervello” rientrato: non è la regola, e non è prescritto dalla legge, in ogni modo.
2. Il “cervello” è aggregato ad un progetto di ricerca: tuttavia, non si chiede al dipartimento nessun tipo di garanzia sulla disponibilità (e specialmente sull’accessibilità) di laboratori, strutture, ecc., l’unica richiesta è quella di contribuire almeno per il 10% al finanziamento del progetto. Logico nella situazione italiana, si dirà: però, dato che si spendono dei soldi, varrebbe la pena di allentare un po’ di più i cordoni della borsa e fornire qualche fondo di ricerca in più, tale da poter magari comprare qualche apparecchiatura, o attrezzare meglio qualche laboratorio.
3. Corollario del precedente: in realtà il “cervello” non ha di suo nessun fondo di ricerca, e deve sempre e comunque far riferimento al docente “ospitante” per qualunque, anche piccolo, ordine d’acquisto. Questo va benissimo per un dottorando: nel mio caso, vi dirò, ad una ventina d’anni dalla mia tesi di laurea e dall’inizio della mia esperienza di ricerca, è un vincolo, magari piccolo, ma senz’altro un vincolo. Anche perché si parla tantissimo di ricercatori che vengano dall’estero a portare la loro esperienza, ma in realtà il Ministero li vede soltanto impegnati nel portare avanti un progetto di ricerca già strutturato dal docente ospitante (quindi con scarsa autonomia, alla fin fine: è chiaro che, come nel mio caso, ha le proprie idee le porta avanti nonostante tutto, ma si pone, facendo ciò, in una situazione non contemplata dallo schema di “rientro”).
4. Creare un’altra figura giuridica (il “cervello”) tra le miriadi (assegnisti, contrattisti, collaboratori esterni, fantasmi, ecc. ecc.) di soggetti precari nell’ambito universitario italiano non fa altro che peggiorare la situazione già caotica dell’amministrazione dei vari dipartimenti. Ho visto per esperienza che il “cervello rientrato” non si sa bene cosa sia (professore? ricercatore? libero professionista?) ed è visto con preoccupazione nelle segreterie e nelle presidenze, anche perché non è chiaro se abbia dei diritti, quali siano i suoi doveri, ecc.
5. Il più grave, per conto mio: non c’è nessun tipo di valutazione dell’operato del cosiddetto “cervello rientrato”, che in pratica non deve rispondere di quel che fa a nessuno (tranne appunto per questo breve “commento” finale all’esperienza). Questo, lungi dall’incoraggiare deliri di onnipotenza nei “cervelli”, manifesta un’idea del legislatore: che il ricercatore venuto dall’estero non possa/debba comunque integrarsi nel sistema, a meno che all’estero, come precisato da sentenza della Conferenza dei Rettori, non godesse dello stesso “status”, però a tempo indeterminato (ci si chiederebbe, a questo punto, perché uno dovrebbe tornare per non avanzare in carriera, anzi forse per retrocedere).
Nonostante quindi, come vedete da questi cinque punti sopra elencati, la legge sia stata fatta con tutta l’intenzione di non funzionare, ci sia stato anzi, posso suggerire, un profondo studio a questo scopo, siccome noi italiani siamo (diciamolo) geniali, la situazione non è in fondo così tragica. La più parte dei “cervelli” rientrati fanno ricerca con continuità (anch’io mi sono trovato, devo dire, bene, alla fin fine: se ci si dà da fare, si lavora anche bene in Italia), alcuni addirittura hanno trovato modo di vincere dei concorsi (negli anni scorsi, quando c’erano) e così stabilizzarsi. Ma non datene merito al ministero (chiunque ne sia/fosse il titolare): là avevano soltanto dei soldi europei da spendere, ecco tutto: non erano molti (pochi milioni di euro all’anno), ma andavano spesi.

Attentato imminente

Della strage di Piazza Fontana, da quel lontano e infausto 12 dicembre 1969 a oggi, si è parlato molto.  Ma forse ancora non abbastanza, se dopo 7 processi la verità rimane tuttora avvolta tra le pieghe di una storia complessa e sfuggente, e che anzi anno dopo anno diviene sempre più difficile da interpretare.

Antonella Beccaria e Simona Mammano, due autrici da sempre attente alla purtroppo vasta materia dei misteri italiani hanno dato il loro importante contributo alla ricerca della verità, firmando un libro molto interessante, ATTENTATO IMMINENTE .

Quello che vedete in appresso è il booktrailer del volume, che l’autore di questo blog ha avuto il privilegio di curare.

Le verità di un giornalista scomodo

Vi segnalo questa interessantissima intervista – è lunga, ma vale davvero la pena di leggerla – a un giornalista, Gianni Lannes, “scomodo”, visto che di recente ha subìto diverse, serie, intimidazioni. Riporto qui di seguito uno stralcio dall’intervista, realizzata da Antonella Beccaria, che può dare un’idea del clima che si è creato attorno a Lannes:

Non ho bisogno e non mi interessa fare pubblicità, ma ho appena pubblicato un libro intitolato Nato: colpito e affondato, relativo a una quasi sconosciuta Ustica bis – anche se ne avevo anticipato in sintesi i contenuti esplosivi il 4 novembre 2008 sul quotidiano La Stampa – relativa ai trattati segreti fra il nostro Paese e gli Usa, ma soprattutto l’Alleanza atlantica. Il 2 luglio mi sarei dovuto recare a Napoli per intervistare il professor Giulio Russo Krauss, docente all’Accademia navale di Livorno, all’università Federico II, nonché consulente giudiziario. Ma qualcuno ha pensato bene di disintegrare l’autovettura di mia moglie sotto la mia abitazione sconosciuta ai più. […]

Jasmina Tesanovic a Radio Capodistria

Jasmina Tesanovic

Jasmina Tesanovic, autrice di NEFERTITI, L’amore di una regina eretica nell’antico Egitto (Stampa Alternativa) sarà ospite venerdì prossimo, 6 novembre, della trasmissione IL VASO DI PANDORA, in onda su Radio Capodistria alle ore 10.33.

Puoi ascoltare Radio Capodistria nei seguenti modi:

Trasmissioni terrestri
Onde Medie 1170 Khz pari a metri 256,4
Modulazione di Frequenza: 97.7 – 103.1 – 103.6 Mhz Stereo RDS
Area servizio: Friuli Venezia Giulia, Veneto, Istria, regioni dell’alto e medio Adriatico. Durante le ore notturne grazie al fenomeno della propagazione delle onde herziane l’area del servizio si estende alle altre regioni del nord e centro Italia.

Satellite:
Se possiedi un’antenna parabolica puntata sul satellite HOTBIRD il transponder è:
12303 V sul pid audio 254 (trasmissioni in chiaro)
Area servizio: Europa

Web:
Su internet puoi cliccare sulla home page della radio (ascolta live) o direttamente sul link rtsp://193.77.198.67:554/broadcast/capo.rm?cloakport=80,554

La carica dei… XII

Ne parla il sottoscritto in questa intervista, rilasciata a Promesse d’Autore, blog letterario del network Blogosfere.

Un breve estratto:

Edizioni XII nasce nel 2007 come marchio editoriale dell’Associazione Culturale XII, un gruppo di autori provenienti da varie regioni italiane approdati a una community Web che è andata crescendo esponenzialmente una volta nata la casa editrice, e che tuttora costituisce un po’ il nostro fiore all’occhiello, dal momento che amiamo considerare XII come una sorta di fucina letteraria. XII è prima di tutto un gruppo di autori, che, riunitisi in Associazione Culturale, hanno poi fondato una Casa Editrice.

Se la mafia toglie la parola a un attore e tutti tacciono

Ricevo e volentieri pubblico questo intervento di Alberto Spampinato, direttore di Ossigeno per l’informazione osservatorio FNSI – Ordine dei Giornalisti sui cronisti minacciati e le notizie oscurate con la violenza

Com’è che i giornali, tranne rare eccezioni, non parlano di questa storia, dell’attore lodigiano Giulio Cavalli minacciato di morte dalla mafia per aver preso in giro Bernardo Provenzano in alcuni spettacoli in piazza in Sicilia e in Lombardia? Come mai il mondo del teatro non dice una parola su un attore minacciato di morte dalla mafia e da un anno costretto a girare con la scorta armata? Com’é che a Lodi e a Milano, città gelose della propria libertà, i cittadini, i circoli e le istituzioni hanno lasciato correre una cosa così grave? Cosa significa questo silenzio assordante?

Temo che significhi nient’altro che paura e rassegnazione. E’ grave che non si riesca a reagire altrimenti e che tutto ciò, invece di produrre solidarietà, sostegno, protezione collettiva di una voce libera e coraggiosa, produca l’isolamento della vittima di un’ingiustizia. Fatti come questo devono farci riflettere sul punto a cui siamo arrivati, con il condizionamento mafioso, anche nel Nord un tempo tanto orgoglioso di essere immune dagli spregevoli effetti della violenza mafiosa. Anche nel Nord siamo andati molto avanti nel senso dell’acquiescenza e del contagio. Questo silenzio, questa disattenzione può esserci solo perché, purtroppo, molti italiani, (ma soprattutto molti giornalisti, anche del Nord) pensano che in questa storia se c’è uno che ha sbagliato, questi è Giulio Cavalli, il quale, secondo questo modo di pensare e una formula molto usata “se l’è cercata”. Non avrebbe dovuto prendere in giro Bernardo Provenzano, non avrebbe dovuto violare la tacita convenzione del silenzio e dell’autocensura che vige nel nostro libero paese! Che gli costava? La convenzione non scritta, come sappiamo, vale più delle leggi e delle convenzioni universali ed europee dei diritti dell’uomo; stabilisce che un attore, uno scrittore, un giornalista per vivere tranquillo non deve mai comportarsi come Giulio, né come quell’altro matto di Roberto Saviano, né come quei cronisti scriteriati alla Lirio Abbate, Rosaria Capacchione e via elencando… No, chi vuole vivere senza minacce di morte o di altre rappresaglie può farlo  semplicemente attenendosi alla regola di parlar d’altro, di fingere che la mafia e i mafiosi non esistono, e se proprio non può fare a meno di parlare dei boss, dei loro amici corrotti e intrallazisti, deve  parlarne con molto rispetto e senza turbare lo svolgimento dei loro affari. E’ facile, che ci vuole? Ci riescono (quasi) tutti. E’ comodo e fin troppo facile.

Proprio per questo noi ammiriamo chi non ci riesce, e perciò io abbraccio forte Giulio Cavalli, Roberto Saviano e tutti i matti come loro che pagano un caro prezzo per dimostrarci che la regola del quieto vivere si può rifiutare, e che l’autocensura è proprio il contrario della libertà di espressione.