
Una questione, ahimè spinosa, forse perchè nel mio piccolo riguarda chi, come il sottoscritto, si ostina a recensire con grande sprezzo del pericolo – anzi dell’insulto – libri, dischi, film ecc.: il valore della critica nell’era del Web e dei social network.
Il parere del lettore/spettatore/ascoltatore, espresso a volte in tempo reale durante la lettura di un libro, ma anche al cinema o persino nel bel mezzo di una rappresentazione teatrale (!) con un post (anche ben argomentato, per carità) sul solito Facebook o con un tweet fulminante su Twitter sembra contare, a torto o a ragione, più del giudizio del cosiddetto critico professionale (da non identificarsi nel curatore di questo blog, con tutta evidenza).
Un esempio: fino a qualche anno la critica di un importante giornalista musicale era in grado di influenzare in modo rilevante le vendite di un determinato disco. Oggi al massimo si può stabilire una sorta di graziosa liaison tra l’ufficio stampa di un artista e il recensore.
La critica, c’è dunque da chiedersi, riprendendo la provocazione lanciata qualche tempo fa da Elif Batuman, è forse divenuta una categoria dell’inutile?