A fine agosto è uscito Villains, il nuovo, attesissimo album dei Queens of the Stone Age. Ho volutamente atteso qualche settimana e soprattutto effettuato diversi ascolti prima di decidermi a scrivere qualche riga sul disco.
Il motivo di questo rimando è dovuto all’impressione francamente poco felice suscitata dal primo ascolto. Speravo che il tempo avrebbe mitigato la sensazione, invece…
Temo che stavolta il vulcanico (e spesso geniale, diamo a Cesare quel che è di Cesare) Josh Homme abbia esagerato. A partire dalla scelta di Mark Ronson nel ruolo di produttore: stellare sì, ma a mio modesto avviso troppo trendy e in definitiva fuori ruolo, insomma poco adatto a produrre una band di… di cosa, a questo punto? Alternative rock, funky-jazz, disco-rock, pop?
Se da un lato è apprezzabile l’inesausta volontà di ricerca di Homme verso nuove sintesi musicali, in questo caso il risultato non convince: il disco suona fin troppo moderno, “alla moda”, nel senso che i suoni sono elaboratissimi, furbi, a tratti duri sì, ma solo quanto basta per catturare l’eventuale nuovo ascoltatore. Non certo chi ha amato i precedenti lavori della band, compreso l’interessante … Like Clockwork, che al contrario era un ottimo album, ricco di idee e ben suonato.
Del resto nello stesso periodo non meno valida risultò la collaborazione di Homme al recente disco di Iggy Pop, Post Pop Depression, all’insegna di un robusto rock dal sapore vintage, sia pure contaminato da bagliori dance.
Che dire, speriamo in futuri ravvedimenti di Homme e soci…