Zuckerberg conferma la pericolosità di Facebook

Zuckerberg congresso
(© Win McNamee/Getty Images)

Insomma, martedì scorso l’audizione di Mark Zuckerberg (CEO di Facebook, per quei pochi che ancora non lo sapessero) davanti alla Commissione per l’energia e il commercio del Senato degli Stati Uniti in merito allo scandalo Cambridge Analytica e alla poco limpida – per usare un eufemismo – gestione dei dati dei vari miliardi di utenti Facebook nel mondo è andata così così.

Le domande di alcuni senatori – non esattamente dei giovincelli, diciamocelo – sono parse in alcuni casi confuse e troppo arzigogolate. Hanno dato l’impressione di conoscere poco i meccanismi che governano i social e le varie app.
Ma anche le risposte di Zuck, che pure da un iniziale imbarazzo si è via via sciolto, non hanno brillato: Z. si è prodotto in scuse ripetute, ripetendo tra l’altro che FB non può essere considerato a suo avviso un editore, ma la sostanza non cambia.

Facebook si conferma per quello che è: un Moloch pericoloso, sfuggito più o meno consapevolmente di mano ai suoi stessi creatori, che vive divorando i nostri dati personali per farne merce preziosa. La sua apparente gratuità consiste proprio in questo, nel monetizzare i dati dei suoi iscritti. La merce in altre parole siamo noi.

Ieri poi Zuckerberg ha subito il fuoco di fila della Commissione dell’energia e del commercio della Camera dei Rappresentanti, e gli è andata anche peggio, producendosi in risposte vaghe o, direi, inquietanti.

Ready Player One

È da poco approdato in sala Ready Player One, kolossal SF del Premio Oscar Steven Spielberg. Il film, sia pure pensato per un pubblico giovanile, è godibilissimo: divertente e coinvolgente, piacerà tra l’altro a chi, come il sottoscritto, è affetto da inguaribile nostalgia per la musica degli anni ’70 e ’80: la colonna sonora attinge a piene mani dai brani più rappresentativi di quei decenni.

Tra l’altro il film si fa portatore di una critica – neanche troppo velata – al mondo del virtuale, a quella fuga dalla realtà nella quale spesso in molti cadiamo. Un esempio, l’abuso dei social network, Facebook in primis, che pure tanti danni stanno provocando alla nostra società.

Per approndire, qui potete leggere una recensione più articolata del film che segna il ritorno di Spielberg alla fantascienza.

 

Gravity. Immaginare l’Universo dopo Einstein

Al MAXXI di Roma è in corso Gravity. Immaginare l’Universo dopo Einstein, un’importante mostra dedicata ad argomenti tanto affascinanti quanto sfuggenti: spazio-tempo, crisi, confini. Concetti chiave fra loro dipendenti e interconnessi, di fondamentale importanza per accostarsi a un percorso di comprensione del nostro universo, della cosmologia e delle leggi che governano la nostra stessa esistenza.

Nel 1917 Albert Einstein pubblicò un articolo che di fatto pose le basi della moderna cosmologia, stravolgendo i modelli di cosmo e universo immaginati fino a quel momento da scienziati e pensatori, rivoluzionando le categorie di spazio e tempo. A cent’anni da quella pubblicazione il museo MAXXI dedica un’esposizione a uno dei giganti del pensiero moderno.

Il progetto è il frutto di una inedita collaborazione del MAXXI con l’Agenzia Spaziale Italiana e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare per il versante scientifico e con l’artista argentino Tomás Saraceno per quello artistica.

La mostra è composta da installazioni artistiche e scientifiche immersive affascinanti, ma direi quasi spericolate: la sala che ospita la mostra è immersa nel buio e i filmati a corredo sono spesso dotati del solo audio in lingua inglese.

Scelte indubbiamente di grande effetto, ma che rendono la fruizione faticosa, impegnativa e poco adatta ad esempio al pubblico anziano. Il legame tra arte e scienza viene dunque affermato con convinzione e orgoglio, ma il risultato non è del tutto convincente, a mio modesto avviso.

Sono presenti poi diversi reperti storici e simulazioni di esperimenti per accostarsi all’essenza delle innovazioni scientifiche introdotte da Einstein e far almeno intuire le profondità sottese all’Universo conosciuto.

02 dicembre 2017 – 06 maggio 2018
Gravity. Immaginare l’Universo dopo Einstein
Galleria 4
a cura di Luigia Lonardelli, Vincenzo Napolano, Andrea Zanini
consulenza scientifica: Giovanni Amelino-Camelia
La chiusura della mostra è stata prorogata al 6 maggio 2018