Negli anni ’80 l’italiano camminava in strada con l’autoradio, cosiddetta “estraibile”, esibita sottobraccio (un’immagine immortalata anche da Toto Cutugno nel celebre brano L’italiano del 1983).
Oggi, dopo l’avvento dell’iPhone e di tutti i suoi innumerevoli epigoni, l’italiano cammina, anzi brancola, sulle nostre strade cittadine infestate da automobilisti stressati e pedoni angosciati, con l’occhio incollato allo schermo dello smartphone – anzi, del phablet, perché le dimensioni del display non bastano mai. Le presunte interazioni social necessitano di schermi grandi, quasi quanto la depressione, l’apatia, la paranoia e il senso di solitudine generati dai vari Facebook, Instagram, Snapchat, ecc.
Dall’italiano con scatolo metallico annesso dell’edonismo reaganiano – definizione che ha regalato alla storia quel bizzarro personaggio che risponde al nome di Roberto D’Agostino, una delle tante creature nate in seno al divertente bestiario televisivo di Renzo Arbore – siamo passati allo zombie digitale, che spesso e volentieri tra l’altro si schianta contro pali e semafori. Quando non finisce direttamente sotto le ruote di qualche auto, mentre è intento a far scorrere freneticamente le dita sullo schermo LCD.
Corsi e ricorsi storici? Temo proprio di sì. Giambattista Vico aveva ragione da vendere.