La scomparsa dei fumetti (e non solo)

Il titolo è un po’ ellittico e volutamente allarmistico, è vero. In realtà i fumetti non sono scomparsi, anche se non se la passano troppo bene, perlomeno quelli targati MarvelD.C. e, sia pure in misura minore, Disney e Bonelli. Quest’ultimo editore proprio di recente ha rivolto un appello ai lettori al fine di ottimizzare tirature e distribuzione, ma temo senza grandi prospettive.

Il fatto è che, nelle poche, eroiche edicole rimaste in attività sul suolo patrio, la presenza un tempo cospicua dei fumetti si è rarefatta sempre più. Perfino nelle edicole dei luoghi di mare, un tempo rifugio sicuro dei “giornaletti”, come li chiamavano un tempo gli adulti, sono diventati merce rara. Addio copie arretrate, addio vecchi Tex, Diabolik e Topolino d’annata.

Continuano a vivacchiare le riviste scandalistiche, quelle specializzate (moda, design, arredamento), ma per quanto tempo ancora? E non si pensi che la causa risieda nel diffondersi del digitale, perchè a tutt’oggi le versioni digitali di quotidiani e riviste continuano ad arrancare. La verità è che non si legge più. Punto.

Alcuni amici edicolanti mi hanno confessato che stanno tentando di resistere strenuamente per arrivare all’agognata pensione, trasformando sempre più le loro rivendite in affollati bazaar di giocattoli, gadget, biglietti per autobus e metro. Ma i tempi delle vacche grasse sono finiti da un pezzo. E questo senza calcolare gli imminenti disastri scatenati dall’impennata dei prezzi dell’energia e del costo della vita.

Insomma, per parafrasare Zucchero, la vedo nera. E sì, gli appassionati cercheranno di supplire recandosi nelle fumetterie, la cui presenza però non è affatto costante nelle nostre regioni, né la vendita per corrispondenza costituisce sistema troppo efficiente o conveniente.

Il giorno dopo Sanremo

E va bene. L’ultima edizione del Festival di Sanremo è stata vinta, come del resto da previsioni, dal duo Mahmood e Blanco con un brano lento di grande effetto, caratterizzato da un bell’impasto vocale e da un arrangiamento ben studiato.

Il brano che ho preferito io invece, a parte quello dell’inossidabile Massimo Ranieri, Lettera al di là del mare – riascoltatelo, testo e interpretazione valgono molto – è Ora e qui, canzone a metà tra una ballata di Riccardo Cocciante e una melodia di Burt Bacharach, ben interpretata da Yuman.

Beh, anche Tantissimo, de Le Vibrazioni non è male però, diciamocelo. Sferzante e dall’attacco epico, riporta la band a un sound più rock che gli si addice francamente di più.

John Lennon, indimenticabile ribelle

La figura di John Lennon, scomparso l’8 dicembre del 1980, rimane a tutt’oggi una figura chiave non solo nella storia del Pop/Rock e per l’arte in genere, ma anche per il ruolo decisivo che John ha rivestito per il movimento pacifista e nella lotta contro le più becere convenzioni sociali.

Del resto anche quando militava nei Beatles è sempre stato considerato l’anima ribelle del gruppo: polemico, provocatorio, graffiante, nel suo ruolo di co-compositore assieme a Paul McCartney della maggior parte dei brani dei Fab Four.

Come non ricordarlo quando nel 1966 affermò, con una buona dose d’ingenuità – alla viglia dell’avvio del tour americano dei Beatles – che i Beatles erano più popolari di Gesù Cristo, scatenando il prevedibile sdegno, anzi il furore dei soliti benpensanti puritani?

Ma gli esempi sono numerosi: dal celebre bed-in di protesta contro la guerra del Vietnam nel 1969 con Joko Ono, alla celebre richiesta sarcastica – punk ante litteram – pronunciata davanti alla Regina d’ Inghilterra:

E voi fate tintinnare i vostri gioielli…

Mi è parso dunque non solo giusto, ma direi quasi inevitabile dedicare la prima puntata del 2021 della consueta rubrica dei libri consigliati a un’ampia carrellata di titoli tutti dedicati al grande John Lennon.

Do they know it’s Christmas?

Nell’ormai lontano (davvero? Eppure mi sembra così vicino, per averlo vissuto in prima persona) 1984, Bob Geldof e Midge Ure (all’epoca leader ispirato della mitica band degli Ultravox) dettero vita a un’utopia musicale con finalità benefiche: la fondazione di Band Aid, sorta di supergruppo britanno-irlandese.

Geldof si riproponeva di raccogliere fondi per contrastare la piaga della fame in Etiopia grazie alla pubblicazione del singolo, che ottenne un successo planetario, Do They Know It’s Christmas?

Oggi più che mai abbiamo bisogno di utopie e di sogni da realizzare come quello di Bob Geldof.

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Appuntamento a oggi pomeriggio!

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Piccolo promemoria per gli amici, gli irriducibili accoliti e, per citare il grande Stan Lee, i true believers: ricordatevi di seguire l’evento on line di oggi pomeriggio, dalle 18 in poi, sull’inevitabile Facebook (ma anche sul Tubo): il sottoscritto dispenserà, con la complicità dell’amico Roberto Russo di edizioni Graphe.it, i doverosi auguri natalizi.

Questo il link per godersi lo spettacolo (che durerà poco, solo una manciata di minuti: non fate quelle facce, suvvia!): https://www.facebook.com/events/382022539683829

Non mancate di puntare il vostro browser sulla paginetta in questione: oltretutto non rischierete i temibili effetti dell’assembramento fisico…

5 Minuti a Natale

Per citare una celebre scenetta de La Smorfia dell’indimenticabile Massimo Troisi:

«Annunciaziò, Annunciaziò!»: da martedì 8 dicembre, sulla pagina Facebook e sul canale Youtube della casa editrice Graphe.it le autrici e gli autori “natalizi” faranno gli auguri a tutti i lettori.

Al sottoscritto “toccherà” lunedì 14 dicembre, dalle ore 18 alle 18,05 (tranquilli: sarò rapido e… indolore!). Potete trovare altre info qui.

L’artista maledetto

 

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James Dean

 

Quello dell’artista maledetto non è solo un luogo comune. E non è questione solo di “vita spericolata” o “alla Steve Steve McQueen”, per citare Vasco Rossi. Una sensibilità esasperata, accoppiata magari anche a una certa, innata fragilità di fondo, può assurgere infatti a caratteristica essenziale della condizione dell’artista.

E da lì all’autodistruzione talvolta, anzi troppo spesso, il passo è breve: pensiamo alle vite, brevi ma proprio per questo destinate all’eterna giovinezza e a una sorta d’immortalità, di personaggi come James Dean, Elvis Presley, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Amy Winehouse, Kurt Cobain, o l’indimenticabile Re Lucertola Jim Morrison (nel mio piccolo ne ho scritto anch’io, a più riprese), ma anche di pittori e scrittori.

Per concludere – ma l’argomento è sterminato e meriterebbe ben altro spazio, lo so bene – a proposito di scrittori e scrittrici “maledetti” voglio segnalarvi un post, apparso sul blog Libri e Parole, dedicato appunto alle vite tormentate di questa categoria di artisti.

Aprire gli occhi sulla sorveglianza di massa: Snowden

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Consiglio di recuperare – se non l’avete già visto al cinema – un film uscito qualche tempo fa: Snowden, diretto da quel mostro sacro che risponde al nome di Oliver Stone, regista dalle forti idee politiche, come ampiamente dimostrato lungo gran parte della sua fortunata carriera.

Il film ha per protagonista un efficace Joseph Gordon-Levitt nel non facile ruolo di Edward Snowden, informatico ex dipendente della CIA. Com’è noto, Snowden rivelò informazioni segrete governative su programmi di intelligence, tra cui il micidiale programma di intercettazioni telefoniche, devastante per proporzioni e pervasività.

Lo sappiamo, a volte i film di Stone possono risultare eccessivi, perfino manichei nella loro granitica impostazione. Ma almeno un merito dobbiamo riconoscergli, oltre ovviamente a saper realizzare opere avvincenti e girate con mostruosa padronanza tecnica: quella di inviare messaggi chiari e immediati allo spettatore.

Nel caso di Snowden, il regista intende metterci in guardia sulla nostra costante esposizione alla sorveglianza di massa, dalla quale purtroppo non abbiamo grandi possibilità di difenderci. Neanche cancellando, come pure dovremmo fare, i nostri account social: è sufficiente utilizzare un cellulare, neanche uno smartphone, per essere “tracciati” inesorabilmente e infallibilmente.