
Vent’anni fa moriva Enzo Tortora, dopo essere stato vittima di un clamoroso errore giudiziario e di un vergognoso linciaggio mediatico. Enzo da allora è assurto suo malgrado a simbolo di somma ingiustizia.
Una storia drammatica, che definire kafkiana vorrebbe dire solo fare letteratura su una vicenda che invece è purtroppo vera e assurdamente reale, nonostante a me sembrasse, in quel lontano 1983, come ad altri milioni di cittadini, totalmente irreale e incredibile.
La storia dell’arresto, avvenuto in modo spettacolare il 17 giugno 1983 con la delirante accusa di associazione a delinquere di stampo camorristico, emessa dalla Procura di Napoli sulla base di risibili invenzioni di tre camorristi di rango (Pandico, Melluso e Barra), e la sua gestione indecorosa da parte dei media, rimarranno come una macchia indelebile nella memoria collettiva di tutti noi.
Non vi fu giustizia, né corretta informazione, in quell’occasione. Ci volle la voce solitaria e incredula di Enzo Biagi, che, a poche settimane dall’arresto di Tortora, scrisse un articolo sulla prima pagina di Repubblica – lo ricordo come fosse ieri – dall’eloquente titolo: “E se Tortora fosse innocente?”
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