Fa uno strano effetto ascoltare quello che a tutti gli effetti potrebbe essere l’ultimo – nel senso, ahinoi, di definitivo – album di Franco Battiato, Torneremo ancora.
15 brani, di cui 14 registrati dal vivo con la sontuosa Royal Philharmonic Orchestra e uno, quello che dà il titolo all’album, inciso in studio (poco più di una demo, sia pure orchestrata e arrangiata a posteriori).
Un effetto strano, dicevo, perché non si può ascoltare il disco senza ignorare il periodo difficile che sta vivendo Battiato: si è colti da un senso di malinconia a tratti struggente, nel risentire la voce, già a tratti esitante e affaticata del grande musicista.
Né è di conforto la visione del clip promozionale diffuso in occasione dell’uscita del disco, che mostra l’artista stanco e provato, quasi smarrito. L’intento forse era quello di mostrarlo al lavoro con la sua amatissima musica, ma le immagini, quasi impudiche, al contrario finiscono per rattristare e turbare lo spettatore.
Mi è tornato in mente il video, per certi versi analogo, di Headlong, brano dei Queen tratto dall’album Innuendo, che mostra un Freddie Mercury smagrito recitare la consueta parte della rockstar sfrontata e impetuosa. Quando vidi l’immagine di Freddie in studio di registrazione ricordo che ne rimasi molto turbato: mi sembrò di cogliere i segni della malattia su quei lineamenti resi quasi iconici da tanti videoclip di successo. E ancora la notizia della malattia non era trapelata.
Nonostante ciò, alla fine Torneremo ancora risulta un buon lavoro, quasi spiazzante nella sua paradossalmente scarna solennità. E se anche dovesse scrivere la parola fine alla vasta discografia del Maestro, posso affermare senza problemi che non sfigura affatto accanto agli altri lavori pubblicati in precedenza.
E chissà che non torni ancora anche lui, Franco Battiato: vulcanico, poliedrico e provocatorio come l’abbiamo sempre conosciuto e apprezzato.