Gli scoraggiati

Il politichese non muore mai, specie quando tenta di rappresentare concetti legati al mondo dell’economia e del lavoro. Da qualche tempo – l’avrete notato – accanto alle tradizionali categorie dei disoccupati e dei cassaintegrati ha fatto la sua comparsa infatti un nuovo, non meno svantaggiato, gruppo: quello dei cosiddetti scoraggiati.

Di chi si tratta? Di quei soggetti che, pur senza lavoro, hanno rinunciato, per motivi anagrafici o… ambientali, a cercare un’occupazione, rassegnati a rimanere esclusi a oltranza dal mercato, sempre più asfittico e traballante, del lavoro. Eufemismi a parte però, forse sarebbe più realistico e soprattutto corretto chiamarli col loro nome: disperati.

L’autunno di Berlusconi?

Scrive Alexander Stille nel suo blog, col consueto acume e considerando il berlusconismo in una, ahinoi, sconsolante prospettiva storica:

[…] Si potrebbe forse dire che e’, in qualche modo, finito il berlusconismo, o almeno un certo tipo di berlusconismo, cioe’ il berlusconismo come modello ideale capace di fare sognare la gente. Quando Berlusconi ha cominciato c’era nel suo elettorato un vero entusiasmo tra i suoi elettori, un convincimento (contro tutta l’evidenza  dei fatti, a mio avviso, ma non per questo meno genuino) che Berlusconi era l’uomo dei miracoli, capace di fare dell’Italia quello che ha fatto alla sua azienda e di fare degli italiani quello che ha fatto agli azionisti della Mediaset. C’era anche il convincimento che la ricchezza personale di Berlusconi fosse un fatto positivo: troppo ricco per farsi corrompere, piu’ pratico, piu’ in  gamba e piu’ a contatto con i bisogni della gente dei politici tradizionali. Credo che questo mito sia tramontato. Ormai gli scandali degli ultimi due anni hanno reso fin troppo evidente che Berlusconi s’interessa quasi esclusivemente degli interessi suoi a scapito del bene pubblico; che s’interessa poco dei problemi del paese; e che Berlusconi invece di porre fine alla corruzione e il clientelismo che hanno caratterizzato la Prima Repubblica li ha continuati e forse peggiorati.  Tutto cio’, non significa che questi elettori non voteranno piu’ per il centro-destra o per Berlusconi, ma lo faranno senza grandi illusioni e con stanchezza, per ragioni di tornaconto personale (almeno Berlusconi non mi manda la Guardia di Finanza) o per disaffezione verso la sinistra.

Sei inquisito? Perfetto, allora ti nomino ministro!

Pierluigi Bersani, a proposito della nomina a Ministro al Decentramento e sussidiarietà di Aldo Brancher, che ieri ha presentato istanza di legittimo impedimento al processo per la vicenda che riguarda la tentata scalata di Antonveneta da parte di Bpi:

Ieri il mondo ha imparato due cose sull’Italia: che la Slovacchia ci ha buttato fuori dai mondiali e che nel nostro paese si fanno ministri per scansare la giustizia. Non so quale appaia più vergognosa, ma credo proprio la seconda»: così il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, arrivato a Milano per partecipare al corteo della Cgil, ha commentato la nomina a Ministro al Decentramento e sussidiarietà Aldo Brancher, che ieri ha presentato istanza di legittimo impedimento al processo per la vicenda che riguarda la tentata scalata di Antonveneta da parte di Bpi.

(via l’Unità.it)

La mannaia del Governo si abbatte sull’editoria

Sospese da oggi tutte le agevolazioni per gli abbonamenti postali a libri, quotidiani e periodici. È quanto prevede un decreto dello Sviluppo economico (!), pubblicato ieri sulla Gazzetta Ufficiale, che individua nel 31 marzo 2010 l’ultimo giorno di applicazione degli sconti tariffari previsti per la spedizione dei prodotti editoriali. Una decisione che purtroppo era nell’aria da tempo, ma che, se attuata, potrebbe provocare la scomparsa di molti piccoli editori.

Le associazioni di categoria si stanno ovviamente mobilitando. Speriamo che la situazione muti, o saranno davvero tempi duri per larga parte dell’editoria italiana. E i primi a farne le spese saranno ovviamente gli già scarsi acquirenti di libri, che dovranno farsi carico delle aumentate spese di spedizione.

(Via Sole 24 Ore)

La vittoria di Nichi Vendola e il Pd

La scontata vittoria di Vendola alle primarie pugliesi non può non suonare come l’ennesimo campanello d’allarme (ma ci vorrebbero campane, da cattedrale, temo, per dare una salutare svegliata a certi ambienti…) al Pd.

Viene da domandarsi come si possa persistere con tanta stolida ostinazione a voler ignorare la volontà popolare, il rifiuto delle sterili strategie elettorali che costringono oggi il segretario del partito, Pierluigi Bersani, a dichiarare a denti stretti:

La candidatura di Boccia non era contro Vendola ma lo comprendeva. E si preoccupava di non stare stretti nel nostro campo, ma di favorire la convergenza delle opposizioni in un percorso di alternativa alla destra. Questo era il senso. È una strada che abbiamo ancora davanti, anche in Puglia, anche se in condizioni più complicate». Ora però siamo determinatissimi a sostenere Vendola. Le primarie le abbiamo inventate noi, sappiamo bene come ci si comporta: si appoggia con convinzione chi ha vinto.

Per citare un’espressione cara al Montalbano del buon Camilleri: Crediamoci.

Sconti in libreria, piccoli editori e… grande distribuzione: lotta per la sopravvivenza

“Ci stiamo unendo per raggiungere un complicato compromesso in vista della nuova legge sugli sconti sui libri. Oggi i danneggiati non solo solo piccoli editori e librai, ma anche le grandi catene e gli stessi lettori, che non lo capiscono…”

È quanto ha dichiarato Ginevra Bompiani, scrittrice e fondatrice di Nottetempo, ad Affaritaliani.it.

L’intervista

Regionali 2010: cronaca di una sconfitta annunciata

Nel Lazio, mentre la Polverini ha già tappezzato le città con i suoi manifesti – non si riesce neppure a trovare un candidato: scartata l’ipotesi Zingaretti, esclusa l’idea Melandri, si rischia di arrivare alle elezioni con un rappresentante di bandiera ignoto ai più, Esterino Montino: l’ex assessore comunale che sta facendo il “reggente” da quando Piero Marrazzo si è dimesso. L’Italia dei Valori però insiste per provare con la Serracchiani, mentre alla base del centrosinistra si chiede di fare delle primarie di coalizione, nella speranza di arrivare a un candidato più “alto” (come potrebbe essere Emma Bonino). La Polverini intanto ha incassato l’appoggio dell’Udc di Casini, che potrebbe rivelarsi determinante.

In Lombardia la partita è chiusa in partenza. Formigoni si ricandida, ha l’appoggio dei suoi e dell’Udc, e vincerà a mani basse, forse contro Penati. Anche il Veneto è destinato al centrodestra, con il ministro Zaia già in campagna elettorale mentre il centrosinistra non ha ancora un candidato. In Piemonte il candidato di centrosinistra c’è (è l’uscente Mercedes Bresso) che ha ottenuto l’appoggio di Casini, ma il centrodestra con il leghista Roberto Cota rischia di fare il colpaccio. Così come in Liguria, altra regione che il centrosinistra rischia di perdere (anche se l’uscente Burlando si è assicurato i voti di Casini). In Puglia si sa come stanno andando le cose, con Nichi Vendola fatto fuori dalle nomenclature dei partiti e il caos che regna sulla candidatura Emiliano. Ancora più drammatica è la situazione in Campania, dove l’eredità lasciata da Bassolino sta dando i suoi frutti in termini di consenso al Pdl.

Insomma, secondo i sondaggi il Pd può contare solo quattro regioni sicure: Emilia, Toscana, Umbria e Marche. Mentre Liguria, Piemonte, Basilicata, Puglia e Calabria sono considerate incerte (ma solo nelle prime due le speranze appaiono più fondate) . Già date per perse la Campania e la regione Lazio. Inutile perfino competere in Lombardia e Veneto.

Nel caso migliore il centrosinistra perderebbe 7-6, nel caso peggiore 9 a 4. Uno scenario, quest’ultimo, che fa venire i brividi alla schiena ai maggiorenti del Pd, che sarebbe ridotto a un partito appenninico. E per Bersani il primo esame sarebbe una bocciatura completa.

(via L’Espresso)

Perchè il “Caso Vendola” deve diventare una questione nazionale

Sinistra Ecologia e Libertà pronta a correre da sola anche nel Lazio
di Luigi Nieri (Sinistra Ecologia e Libertà)
Ci vuole coraggio. Solo se si ha coraggio si può far diventare la vicenda pugliese una questione nazionale della sinistra italiana. In questi mesi abbiamo accumulato paure di vario genere che ci hanno posto in una rischiosa condizione di subalternità al Pd. Due mesi fa dovevamo raccontare a squarciagola all’elettorato democratico e di sinistra che quelli del Pd stavano facendo giochi sporchi per far fuori Nichi Vendola.
Il Pd di Bersani vuole farlo fuori, diciamocelo, perché all’Udc non piace un governatore di sinistra, che si oppone alla privatizzazione dell’acqua, che estende il welfare alle coppie non sposate, che è dichiaratamente omosessuale. Un governatore che ha cacciato il suo vicepresidente dalemiano perché sfiorato dall’inchiesta Tarantini-D’Addario. Oggi siamo in drammatico ritardo, ma ancora in tempo per trasformare la questione barese in questione romana e italiana. Siamo ancora in tempo per un coraggioso sussulto di orgoglio. Nessuno a sinistra ha messo steccati invalicabili all’allargamento dell’alleanza con i centristi di Casini ma è inaccettabile essere sostituiti con l’Udc. Perché è una sostituzione che mira ad annientarci. E’ qualcosa che va oltre “l’autosufficienza e il corro da solo” di Veltroni.
Ci sono alcuni temi che non possono essere azzerati in virtù di alleanze tattiche con forze moderate: la questione energetica e il no al nucleare, la gestione pubblica dei servizi locali e della sanità, il welfare universale a prescindere dall’etnia, il sesso o l’orientamento sessuale.
Per questo far fuori Vendola equivale a far fuori la sinistra intera. Non sarebbe un divorzio consensuale come ne 2008 ma una separazione cruenta nei modi e nei contenuti. Non dovremmo, noi di sinistra, aver paura di urlare al Pd che così facendo perde un pezzo di coalizione. Ugualmente dovremmo essere capaci di spiegare agli elettori progressisti che sono i democratici a costringerci ad andare da soli, non solo a Bari ma in tutta Italia.

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12 dicembre 1969: strage di Piazza Fontana

Sabato 12 dicembre, alle ore 11, presso lo Spazio MilanoNera:

per non dimenticare Piazza Fontana:

Simone Sarasso, Alan D. Altieri, Valeria Palumbo, Antonella Beccaria, Simona Mammano, Adele Marini e Angelo Marenzana.

Sette voci per raccontare e ricordare la strage del 12 dicembre di quarant’anni fa.

Letture di Sergio Scorzillo e Valeria Palumbo.

Fini capo dell’opposizione

“Io gliel’ho detto… confonde la leadership con la monarchia assoluta”.

Gianfranco Fini ha timbrato con il sigillo della terza carica dello Stato un pensiero comune tra milioni di italiani. Quel che si nasconde dietro i taccuini, appare dinanzi ai microfoni accessi in un convegno del “Premio Borsellino” a Pescara. Fini parlava di Berlusconi, del pentito Spatuzza e delle inchieste giudiziarie con il procuratore Trifuoggi.

Una leggera e cordiale chiacchierata – merito o colpa del video – diventa un manifesto politico che spiega le contraddizioni nel Pdl e le revisioni del comunista ex missino. Ecco l’esplosivo: “Il riscontro delle dichiarazioni di Spatuzza, speriamo che lo facciano con uno scrupolo tale da… perché è una bomba atomica”. Trifuoggi: “Assolutamente si… non ci si può permettere un errore neanche minimo”. F: “Si perché non sarebbe solo un errore giudiziario, è una tale bomba che… Lei lo saprà: Spatuzza parla apertamente di Mancino, che è stato ministro degli Interni, e di … (ndr Berlusconi?). Uno è vice presidente del CSM e l’altro è il Presidente del Consiglio…”.

Ecco la miccia: “”No ma lui, l’uomo confonde il consenso popolare che ovviamente ha e che lo legittima a governare, con una sorta di immunità nei confronti di qualsiasi altra autorità di garanzia e di controllo: magistratura, corte dei Conti, Cassazione, capo dello Stato, Parlamento. Siccome è eletto dal popolo…”. A futura memoria: “Ma io gliel’ho detto… confonde la leadership con la monarchia assoluta…. poi in privato gli ho detto… ricordati che gli hanno tagliato la testa a… quindi statte quieto”. Che i Bondi e i Capezzone diano fuoco alle fiamme. O alle ceneri.

(via Fatto Quotidiano, 1 dicembre 2009)