Nel Lazio, mentre la Polverini ha già tappezzato le città con i suoi manifesti – non si riesce neppure a trovare un candidato: scartata l’ipotesi Zingaretti, esclusa l’idea Melandri, si rischia di arrivare alle elezioni con un rappresentante di bandiera ignoto ai più, Esterino Montino: l’ex assessore comunale che sta facendo il “reggente” da quando Piero Marrazzo si è dimesso. L’Italia dei Valori però insiste per provare con la Serracchiani, mentre alla base del centrosinistra si chiede di fare delle primarie di coalizione, nella speranza di arrivare a un candidato più “alto” (come potrebbe essere Emma Bonino). La Polverini intanto ha incassato l’appoggio dell’Udc di Casini, che potrebbe rivelarsi determinante.
In Lombardia la partita è chiusa in partenza. Formigoni si ricandida, ha l’appoggio dei suoi e dell’Udc, e vincerà a mani basse, forse contro Penati. Anche il Veneto è destinato al centrodestra, con il ministro Zaia già in campagna elettorale mentre il centrosinistra non ha ancora un candidato. In Piemonte il candidato di centrosinistra c’è (è l’uscente Mercedes Bresso) che ha ottenuto l’appoggio di Casini, ma il centrodestra con il leghista Roberto Cota rischia di fare il colpaccio. Così come in Liguria, altra regione che il centrosinistra rischia di perdere (anche se l’uscente Burlando si è assicurato i voti di Casini). In Puglia si sa come stanno andando le cose, con Nichi Vendola fatto fuori dalle nomenclature dei partiti e il caos che regna sulla candidatura Emiliano. Ancora più drammatica è la situazione in Campania, dove l’eredità lasciata da Bassolino sta dando i suoi frutti in termini di consenso al Pdl.
Insomma, secondo i sondaggi il Pd può contare solo quattro regioni sicure: Emilia, Toscana, Umbria e Marche. Mentre Liguria, Piemonte, Basilicata, Puglia e Calabria sono considerate incerte (ma solo nelle prime due le speranze appaiono più fondate) . Già date per perse la Campania e la regione Lazio. Inutile perfino competere in Lombardia e Veneto.
Nel caso migliore il centrosinistra perderebbe 7-6, nel caso peggiore 9 a 4. Uno scenario, quest’ultimo, che fa venire i brividi alla schiena ai maggiorenti del Pd, che sarebbe ridotto a un partito appenninico. E per Bersani il primo esame sarebbe una bocciatura completa.
(via L’Espresso)