Si tende a considerare la figura di Artù come pura leggenda, ammantata di fascino cavalleresco. Ma i fatti (storici) stanno diversamente, come racconta Mirko Rizzotto nel saggio appena pubblicato da Edizioni Graphe.it:
Nel caos che seguì l’abbandono della Britannia da parte dei Romani (V secolo d.C.), orde di barbari provenienti dalla Germania e dall’Irlanda sbarcarono a ondate nell’isola seminando morte e distruzione. Fra le nebbie della leggenda emerse un giovane condottiero di origini romane, Artorio, che la leggenda farà universalmente conoscere come Artù.
[…] «Così un uomo mediocre, grossolano, di eloquenza volgare ma di facile effetto, è un perfetto esemplare dei suoi contemporanei. Presso un popolo onesto, sarebbe stato tutt’al più il leader di un partito di modesto seguito, un personaggio un po’ ridicolo per le sue maniere, i suoi atteggiamenti, le sue manie di grandezza, offensivo per il buon senso della gente e causa del suo stile enfatico e impudico. In Italia è diventato il capo del governo. Ed è difficile trovare un più completo esempio italiano.
Ammiratore della forza, venale, corruttibile e corrotto, cattolico senza credere in Dio, presuntuoso, vanitoso, fintamente bonario, buon padre di famiglia ma con numerose amanti, si serve di coloro che disprezza, si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, di profittatori; mimo abile, e tale da fare effetto su un pubblico volgare, ma, come ogni mimo, senza un proprio carattere, si immagina sempre di essere il personaggio che vuole rappresentare» […]
Immagino che più di qualcuno avrà creduto di riconoscere nelle parole appena lette un uomo politico di oggi. Diciamo un ministro – absit iniuria verbis! – dell’attuale Governo, barbuto e sovrappeso, razzista compiaciuto, che ama travestirsi di volta in volta da poliziotto, finanziere, pompiere, quando non indossa felpe con stampigliato il nome della città, che, sciagurata, si trova ad accoglierlo in campagna elettorale…
E invece no, miei cari! L’estratto proviene da uno scritto del 1945 della grande Elsa Morante, contenuto nelle Opere, vol. I, Mondadori (Meridiani).
Elsa Morante, Bernardo Bartolucci, Adriana Asti e Pierpaolo Pasolini
Il Premio Strega 2019 s’avvicina a grandi passi. Nella rosa dei candidati spicca il nome di Antonio Scurati col suo monumentale M. Il Figlio del secolo.
Supportato da una campagna di marketing schiacciasassi, il libro ha fatto molto parlare di sé prima ancora che uscisse. A un iniziale, travolgente successo di critica e pubblico, è seguito un periodo di (blando) ripensamento critico.
I motivi non mancano, in effetti: errori storici vistosi, ricostruzioni sommarie, una lunghezza a dir poco debordante…
A bocce ormai ferme, si è occupato del libro “monstre” di Scurati anche il blog magazine Graphomania. Potete leggere la recensione qui.
Approda in libreria il secondo titolo della collana I condottieri, diretta da Gaetano Passarelli). Si tratta di Menandro il Conquistatore. Il re greco che soggiogò l’India. Autore del saggio è Mirko Rizzotto.
È la prima biografia sistematica di Menandro I Soter ( II secolo a. C.). La prima riga del libro ci introduce subito al tema del libro:
L’Europa oggi sembra tornare a dividersi, tra personalismi ed egoismi. Un’ottima occasione allora per ricordare cosa accadde una settantina d’anni fa nel nostro Paese, quando l’esercito tedesco intraprese la ritirata verso il Nord, diretto in Germania.
C’è un “piccolo grande” libro, uscito lo scorso anno, che rievoca quel periodo, tramite il racconto della quotidianità di persone semplici, scossa all’improvviso dal verificarsi di eventi tanto inattesi quanto terribili.
Il volume in questione è Quando arrivarono i Tedeschi, di Gianluca Meis (Graphe.it Edizioni), e se ne parla più diffusamente qui.