Only the strong survive, un Bruce Springsteen all’insegna della nostalgia

Puntuale arriva il momento per molti musicisti e rockstar di incidere un album di cover. L’hanno fatto in anni recenti Phil Collins, Paul McCartney, perfino i nostrani Pooh e molti altri.

Di solito accade quando gli artisti arrivano, per citare il grande Lucio Dalla, “a una certa età”. Forse entrano in gioco il fattore nostalgia, una certa inevitabile stanchezza compositiva, o magari la semplice voglia di divertirsi con la musica che ascoltavano in gioventù.

E forse è quest’ultima la chiave di ascolto per il nuovo album del “Boss” Bruce Springsteen: divertirsi e, possibilmente, divertire il suo pubblico riproponendo a mò di lussuoso karaoke brani soul e r&b.

Certo, non sempre la sua voce, roca e graffiante, si sposa al meglio con brani lontani dalla sua vocalità e in quei casi si finisce per rimpiangere le versioni originali. È il caso ad esempio di Nightshift dei Commodores o della mitica Don’t play that song di B. E. King.

Ma nel complesso l’album è molto piacevole da ascoltare, ben suonato e arrangiato con grande cura. Forse non lascerà il segno nella vasta produzione del grande cantautore (e gli ultimi album sono di livello notevole) ma rimane pur sempre molto al di sopra della maggior parte della musica di plastica contemporanea, a base di noiosi auto-tune e campionamenti furbastri a go-go.

Album da non dimenticare: 1) Letter To You

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Oggigiorno l’uscita del nuovo album di un artista, anche di culto come nel caso di Bruce Springsteen, sortisce un po’ l’effetto di un’effimera fiammata: grazie alla potenza di fuoco di efficientissimi addetti stampa e alla conseguente, martellante copertura mediatica, se ne parla, se ne scrive, se ne legge a oltranza per qualche giorno.

Ma poi la cosa finisce lì. Nell’era della musica in streaming si ascolta con piglio frammentario, quando non chirurgico , qualche brano qua e là, a volte solo i primi secondi e, presi dalla fretta e dalla voracità, passiamo oltre.

Non è un atteggiamento passatista il mio, beninteso, della serie “Ai miei tempi, signora mia, i dischi si acquistavano e si ascoltavano dal primo all’ultimo solco in religioso silenzio”. È semmai l’amara constatazione di un dato di fatto: oggi le creazioni artistiche – siano esse musicali, letterarie, cinematografiche – hanno vita effimera. Bombardati come siamo da infiniti stimoli distraenti, ci rimane poco spazio mentale per assaporare davvero e godere dell’esperienza artistica.

Ecco perchè mi piace dedicare un breve post, a mò di memorandum per gli ascoltatori frettolosi (mi ci metto anch’io), alla recente uscita, verso la fine dello scorso ottobre, del ventesimo album di studio appunto dell’inossidabile Bruce Springsteen, Letter to You.

È un disco notevole, nel quale il Boss torna a fare musica con la mitica E Street Band. Per certi versi è una sorta di autocelebrazione, con lo Springsteen settantunenne che cita se stesso di molti anni fa, la sua storia gloriosa di rocker impegnato e la sua musica dei tempi d’oro.

E, intendiamoci, riuscendoci: l’album infatti nei suoi momenti migliori sfoggia il suono energico e potente di quarant’anni fa. Non è poco, in questi tempi di musica di plastica.

Da ascoltare, magari sorseggiando una buona birra accanto al focolare.

Western Stars, lo Springsteen che non ti aspetti

Western starsPochi giorni fa (il 14 giugno, per gli amanti delle date) è uscito Western Stars, il nuovo album di Bruce Springsteen.

Dimenticate il tipico rock’n roll muscolare del Boss. Oggi, a settant’anni, Springsteen ha realizzato un disco piuttosto pop “old style”, a tratti country, con archi, fiati, basso, chitarre elettriche e acustiche, batteria e tanta melodia.

A tratti, ascoltandolo e riascoltandolo – è molto bello, e ti prende subito – sembra quasi di avvertire la mano di Burt Bacharach per l’ariosità di certi arrangiamenti. La voce è sempre quella, intonata, forte, che in certi falsetti ricorda perfino certi brani dell’ultimo Bowie.

Proprio così, c’è molta melodia, sì, ma anche tanta malinconia e un senso di struggente solitudine che permeano i brani, peraltro quasi tutti di ottimo livello. Non ci sono riempitivi, insomma.

È un disco da ascoltare di sera, anzi – meglio – di notte, guidando un vecchio pick-up Ford su una qualche strada di campagna, di quelle polverose e poco battute. Lontano dal clamore nevrotico delle nostre città e dal rumore digitale che infesta le nostre vite.

Oltre Sanremo: Springsteen raccontato per immagini

Vi sentite oppressi dal Festival di Sanremo, che almeno finora si sta rivelando piuttosto piatto e poco interessante – fatte salve alcune eccezioni, come Samuel, “in vacanza” dalla corazzata Subsonica – quanto a qualità delle canzoni e degli ospiti?

Potreste allora rifugiarvi nella lettura dell’ultima, eccellente biografia per immagini del Boss Bruce SpringsteenBruce Springsteen and the E Street Band. La storia illustrata, edita da Il Castello.

Scritta da Gillian G. Gaar, raccoglie la bellezza di 150 immagini, oltre naturalmente a informazioni e aneddoti sulla… vita e le opere del Boss.

Il libro merita, e se ne parla diffusamente qui.