“È tutto qui”, la recensione

Il libro d’esordio di Matteo Scandolin, Deus ex Machina di inutile. opuscolo letterario, ha per titolo È tutto qui. Titolo quanto mai azzeccato, direi, perchè in effetti, nelle storie lodelvolmente pubblicate da Intermezzi, c’è davvero tutto Matteo: certe sue malinconie da laguna veneta, l’amicizia elevata a valore, diresti, supremo, l’autoironia sempre in agguato.

E poi, la lettura, l’alcool, la musica. Le figure femminili, presenze quasi immanenti nell’universo scandoliniano. Ritratti di giovani donne complesse, a volte sfuggenti, spesso anni luce più avanti rispetto alle controparti maschili.

Poi, come accennavo, c’è anche l’elemento alcolico, presente però non tanto nell’accezione bukovskiana, – folkloristica  quanto vuoi, ma in fondo autodistruttiva. No. I personaggi cui dà voce Matteo ricorrono alle gioie elargite da Dioniso con un approccio che piacerebbe al buon Guccini: il vino – ma non solo quello, eh! – esprime positività, allegria, divenendo anche mezzo di aggregazione. E se poi reca con sè certi tipici effetti collaterali, beh, anche questo fa parte del gioco.

Due parole sulla copertina, di grande effetto. Ha un che di locandina di film superoistico, almeno ai miei occhi. Ti aspetteresti quasi di veder comparire da un momento all’altro il buon vecchio Spidey in disinvolta arrampicata. Ma forse, chissà, potrebbe esserci in agguato anche un certo, micidiale, folletto verde… Del resto, anche la vita descritta da MS con una scrittura carveriana, qua e là screziata di piacevoli svisate liriche alla Baricco, è fatta di luci e ombre. Ombre che spesso vengono rischiarate, nei racconti contenuti in questo volume, da uno sguardo disincantato e dalla consapevolezza che, per citare Roberto Vecchioni, questa vita è niente, ma non è poco.