Venezia val bene un racconto (e una visita)

Piazza San Marco

Il curatore di una collana di racconti, nonché mio amico carissimo, ha più volte invitato il sottoscritto a contribuire alla causa con un mio testo. Il consueto accumulo di impegni e scadenze più o meno pressanti ha però fatto sì che procrastinassi a oltranza la scrittura del racconto richiesto. Ora però temo di non potermi più esimere, pena una severa rampogna dall’implacabile direttore editoriale di cui sopra.

E allora? E allora sto cominciando a ragionare innanzitutto su due aspetti: l’ambientazione e il genere di storia da scrivere. Gli elementi in questione sono strettamente connessi tra loro, poiché spesso un determinato luogo ha il potere di ispirare suggestioni e trasmettere immagini in grado di indirizzare la penna del narratore in una certa direzione piuttosto che un’altra. Alcune località o città del Nord Italia ad esempio si prestano particolarmente bene come scenario per storie del mistero, con le loro brume e i cieli spesso plumbei, così come certi quartieri di Roma – penso all’Eur, ad esempio – possono fare da sfondo ideale a vicende fantastiche o apocalittiche.

Ma c’è una città che, più di altre, sembra poter offrire lo scenario perfetto per una storia del mistero, o persino, perché no, del terrore. Alludo a Venezia, città magica e custode di segreti tramandati da tempi assai remoti. Penso ad esempio ai tanti intrighi legati alla costruzione della celebre Basilica di San Marco, ai messaggi in codice che si dice siano celati nei capitelli del Palazzo dei Dogi, alla presenza di uno sconosciuto cimitero, al canale sotterraneo della città, custode silenzioso di inquietanti misteri, tutti da indagare o immaginare, volando sulle ali della fantasia e della suggestione.

Si potrebbe pensare alla storia di un investigatore privato sulle tracce della mitica Teriaca, una bevanda che si dice sia stata a lungo preparata nella città lagunare e che sarebbe dotata di proprietà miracolose… Oppure potrei immaginare una sorte diversa per il grande Giacomo Casanova, rifacendomi, oppure al contrario prescindendo, dal pur luminoso precedente letterario fornito da Arthur Schnitzler, già autore nel 1920 di un suggestivo racconto che aveva per protagonista il leggendario avventuriero.

D’altro canto, la stessa esistenza di Venezia ha un che di prodigioso, a partire dalla sua ingegnosa, di più, geniale edificazione. In tal senso si potrebbe anche azzardare la scrittura di una storia fantascientifica, o perfino “steampunk”, immaginando l’utilizzo nella Venezia dell’antichità di qualche tecnologia avveniristica sconosciuta al resto del mondo contemporaneo.

Insomma, come vedete, cari amici, gli spunti non mancano di certo. Forse la cosa migliore da fare sarebbe compiere una nuova visita in quella che fu per oltre un millennio l’importante capitale dell’omonima Repubblica. Chissà che non riesca a trarne ulteriore linfa per corroborare la mia, ahimè, accaldata e affaticata ispirazione.

Eccomi dunque intento a navigare tra i vari servizi online per trovare un hotel a Venezia: spero di riuscire a individuarne uno senza troppi problemi, visto il periodo e considerando la non facile situazione della nostra industria turistica, che pure andrebbe sostenuta e anzi salvaguardata, in questo periodo di crisi imperante.

E dunque, arrivederci a Venezia e, perché no, a rileggerci presto!

Gabriele D’Annunzio, la riscoperta

Specie in passato il D’Annunzio narratore fu oscurato dal D’Annunzio poeta. Ma oggi le cose sono cambiate radicalmente ed al centro dell’attenzione sono quei romanzi a cui il Vate si dedicò con un impegno almeno pari rispetto a quello profuso per la poesia. Ne sono testimonianza gli studi più recenti, tra cui quello di Guido Baldi, Le ambiguità della “decadenza.” D’Annunzio romanziere (Liguori, Napoli, 2008), e la nuova edizione Rizzoli (2009) del romanzo “veneziano”, Il fuoco.

Con il ciclo dei romanzi della Rosa (Il Piacere , L’innocente e il Trionfo della Morte), che studiano “lo spirito di analisi e il pessimismo occidentale conducenti alla malattia della volontà”, e Le Vergini delle Rocce e Il fuoco, in cui si afferma la teoria del Superuomo, D’Annunzio si pone al centro del romanzo europeo e delle sue problematiche di rinnovamento. Non si limita, come altri scrittori “decadenti”, a contaminare prosa e poesia, ma minimizza la trama e ancor prima del “flusso di coscienza” si concentra sul fluire delle sensazioni e dei sentimenti. Come si vede soprattutto dai romanzi, per D’Annunzio i termini di “decadenza” o “decadentismo” sono fonte di equivoci.

Per lui la creazione artistica non è una manifestazione di debolezza o malattia, ma, come voleva Nietzsche, di vitalità: “vivere con goia” è anche “creare con gioia”. Molti lettori, in specie stranieri, ammirarono questa forza nei romanzi dannunziani, e videro in essi, particolarmente nel Piacere, una sorta di compendio della civiltà italiana. Aldous Huxley scriverà più tardi che gli italiani sono semplici comparse su di un grande affresco storico. D’Annunzio dimostra o tenta di dimostrare il contrario, facendo dei suoi (italianissimi) personaggi gli eredi e i depositari di quel passato d’arte e di cultura.

(via Il Tempo)

Message in a Book

In ogni libro c’è un messaggio…

…che l’autore desideri trasmetterlo consapevolmente o che lo faccia a livello inconscio. Quando si è davanti a un buon romanzo poi, è lo stesso lettore a cogliere il suo messaggio personale e unico, in una sorta di profana Lectio Divina. Così ogni libro è una bottiglia, nell’oceano della conoscenza, contenente infiniti messaggi per infiniti lettori. Questo blog vuol essere una spiaggia sulla quale le bottiglie si adagiano, rivelando parte dei segreti che custodiscono.

Questa la suggestiva dichiarazione d’intenti di un blog appena nato, Message in a Book, Recensioni, interviste, articoli e news dal mondo della medio piccola editoria, curato dall’eclettica Aurora Alicino, alla quale vanno tutta la mia ammirazione e il mio plauso per la bella inziativa.

Web e letteratura: alle radici di un rapporto complesso

L’avvento di nuovi sistemi di diffusione della letteratura – semplificando, il Web in senso lato e il print on demand più nello specifico – e il progressivo affermarsi di nuovi schemi di distribuzione e gestione dei diritti d’autore stanno mutando radicalmente lo scenario editoriale e autoriale.

Giuseppe Panella, docente presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, ha analizzato la complessa materia in un saggio interessantissimo, Potere (editoriale) e letteratura: rivincita del web e morte dell’ autore, che potete leggere su Scriptorium, a quest’indirizzo.