Vendola ultima chance

Scrive Piero Sansonetti su Gli Altri Online:

[…] Credo che ormai per Nichi Vendola non ci sia più nessuna possibilità di rinviare. Suo malgrado è diventato l’unico leader della sinistra presente sulla scena. E sebbene non disponga di un partito robusto, sebbene si trovi in una posizione parecchio isolata, sebbene debba scontrarsi con le ostilità di diversi leader piddini, è bene che rompa gli indugi.

Cosa vuol dire rompere gli indugi? Ci sono due possibilità. La prima è quella di chiedere che si convochino subito le elezioni primarie per scegliere il leader della coalizione che in primavera dovrà affrontare Berlusconi. E’ vero che le elezioni non sono ancora convocate, ma ormai è abbastanza sicuro che ci saranno e che ci saranno  allo scoccare della primavera. E’ una buona idea quella di chiedere le primarie: ha però pochissime probabilità di realizzarsi.

La seconda opzione è quella di accogliere la proposta che è stata avanzata nei giorni scorsi da Nicola Latorre, vicepresidente dei senatori democratici. In che consiste? In sostanza nel rifondare il Pd. Cioè prendere atto della sconfitta e del fallimento del Pd del Lingotto, e ricominciare da capo. Mettendo insieme gran parte delle forze del Lingotto, e forze esterne, importanti, tra le quali la forza di Nichi Vendola, e chiamare queste forze esterne non ad aderire al Pd ma a rifondarlo insieme. […]

Come non essere d’accordo? C’è davvero da chiedersi – se non fosse una domanda retorica – come mai il Pd non riesca a cogliere questa opportunità, forse l’ultima chance che resta al partito per sfuggire all’immobilismo che lo sta lentamente portando alla consunzione.

(via Gli Altri Online)

Sei inquisito? Perfetto, allora ti nomino ministro!

Pierluigi Bersani, a proposito della nomina a Ministro al Decentramento e sussidiarietà di Aldo Brancher, che ieri ha presentato istanza di legittimo impedimento al processo per la vicenda che riguarda la tentata scalata di Antonveneta da parte di Bpi:

Ieri il mondo ha imparato due cose sull’Italia: che la Slovacchia ci ha buttato fuori dai mondiali e che nel nostro paese si fanno ministri per scansare la giustizia. Non so quale appaia più vergognosa, ma credo proprio la seconda»: così il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, arrivato a Milano per partecipare al corteo della Cgil, ha commentato la nomina a Ministro al Decentramento e sussidiarietà Aldo Brancher, che ieri ha presentato istanza di legittimo impedimento al processo per la vicenda che riguarda la tentata scalata di Antonveneta da parte di Bpi.

(via l’Unità.it)

La vittoria di Nichi Vendola e il Pd

La scontata vittoria di Vendola alle primarie pugliesi non può non suonare come l’ennesimo campanello d’allarme (ma ci vorrebbero campane, da cattedrale, temo, per dare una salutare svegliata a certi ambienti…) al Pd.

Viene da domandarsi come si possa persistere con tanta stolida ostinazione a voler ignorare la volontà popolare, il rifiuto delle sterili strategie elettorali che costringono oggi il segretario del partito, Pierluigi Bersani, a dichiarare a denti stretti:

La candidatura di Boccia non era contro Vendola ma lo comprendeva. E si preoccupava di non stare stretti nel nostro campo, ma di favorire la convergenza delle opposizioni in un percorso di alternativa alla destra. Questo era il senso. È una strada che abbiamo ancora davanti, anche in Puglia, anche se in condizioni più complicate». Ora però siamo determinatissimi a sostenere Vendola. Le primarie le abbiamo inventate noi, sappiamo bene come ci si comporta: si appoggia con convinzione chi ha vinto.

Per citare un’espressione cara al Montalbano del buon Camilleri: Crediamoci.

Regionali 2010: cronaca di una sconfitta annunciata

Nel Lazio, mentre la Polverini ha già tappezzato le città con i suoi manifesti – non si riesce neppure a trovare un candidato: scartata l’ipotesi Zingaretti, esclusa l’idea Melandri, si rischia di arrivare alle elezioni con un rappresentante di bandiera ignoto ai più, Esterino Montino: l’ex assessore comunale che sta facendo il “reggente” da quando Piero Marrazzo si è dimesso. L’Italia dei Valori però insiste per provare con la Serracchiani, mentre alla base del centrosinistra si chiede di fare delle primarie di coalizione, nella speranza di arrivare a un candidato più “alto” (come potrebbe essere Emma Bonino). La Polverini intanto ha incassato l’appoggio dell’Udc di Casini, che potrebbe rivelarsi determinante.

In Lombardia la partita è chiusa in partenza. Formigoni si ricandida, ha l’appoggio dei suoi e dell’Udc, e vincerà a mani basse, forse contro Penati. Anche il Veneto è destinato al centrodestra, con il ministro Zaia già in campagna elettorale mentre il centrosinistra non ha ancora un candidato. In Piemonte il candidato di centrosinistra c’è (è l’uscente Mercedes Bresso) che ha ottenuto l’appoggio di Casini, ma il centrodestra con il leghista Roberto Cota rischia di fare il colpaccio. Così come in Liguria, altra regione che il centrosinistra rischia di perdere (anche se l’uscente Burlando si è assicurato i voti di Casini). In Puglia si sa come stanno andando le cose, con Nichi Vendola fatto fuori dalle nomenclature dei partiti e il caos che regna sulla candidatura Emiliano. Ancora più drammatica è la situazione in Campania, dove l’eredità lasciata da Bassolino sta dando i suoi frutti in termini di consenso al Pdl.

Insomma, secondo i sondaggi il Pd può contare solo quattro regioni sicure: Emilia, Toscana, Umbria e Marche. Mentre Liguria, Piemonte, Basilicata, Puglia e Calabria sono considerate incerte (ma solo nelle prime due le speranze appaiono più fondate) . Già date per perse la Campania e la regione Lazio. Inutile perfino competere in Lombardia e Veneto.

Nel caso migliore il centrosinistra perderebbe 7-6, nel caso peggiore 9 a 4. Uno scenario, quest’ultimo, che fa venire i brividi alla schiena ai maggiorenti del Pd, che sarebbe ridotto a un partito appenninico. E per Bersani il primo esame sarebbe una bocciatura completa.

(via L’Espresso)

Perchè il “Caso Vendola” deve diventare una questione nazionale

Sinistra Ecologia e Libertà pronta a correre da sola anche nel Lazio
di Luigi Nieri (Sinistra Ecologia e Libertà)
Ci vuole coraggio. Solo se si ha coraggio si può far diventare la vicenda pugliese una questione nazionale della sinistra italiana. In questi mesi abbiamo accumulato paure di vario genere che ci hanno posto in una rischiosa condizione di subalternità al Pd. Due mesi fa dovevamo raccontare a squarciagola all’elettorato democratico e di sinistra che quelli del Pd stavano facendo giochi sporchi per far fuori Nichi Vendola.
Il Pd di Bersani vuole farlo fuori, diciamocelo, perché all’Udc non piace un governatore di sinistra, che si oppone alla privatizzazione dell’acqua, che estende il welfare alle coppie non sposate, che è dichiaratamente omosessuale. Un governatore che ha cacciato il suo vicepresidente dalemiano perché sfiorato dall’inchiesta Tarantini-D’Addario. Oggi siamo in drammatico ritardo, ma ancora in tempo per trasformare la questione barese in questione romana e italiana. Siamo ancora in tempo per un coraggioso sussulto di orgoglio. Nessuno a sinistra ha messo steccati invalicabili all’allargamento dell’alleanza con i centristi di Casini ma è inaccettabile essere sostituiti con l’Udc. Perché è una sostituzione che mira ad annientarci. E’ qualcosa che va oltre “l’autosufficienza e il corro da solo” di Veltroni.
Ci sono alcuni temi che non possono essere azzerati in virtù di alleanze tattiche con forze moderate: la questione energetica e il no al nucleare, la gestione pubblica dei servizi locali e della sanità, il welfare universale a prescindere dall’etnia, il sesso o l’orientamento sessuale.
Per questo far fuori Vendola equivale a far fuori la sinistra intera. Non sarebbe un divorzio consensuale come ne 2008 ma una separazione cruenta nei modi e nei contenuti. Non dovremmo, noi di sinistra, aver paura di urlare al Pd che così facendo perde un pezzo di coalizione. Ugualmente dovremmo essere capaci di spiegare agli elettori progressisti che sono i democratici a costringerci ad andare da soli, non solo a Bari ma in tutta Italia.

Continua a leggere “Perchè il “Caso Vendola” deve diventare una questione nazionale”

Chi ha paura del Grillo cattivo?

beppegrillo 3Da Linkontro.info:

Beppe Grillo intende candidarsi alla segreteria del Pd. Lo fa mentre dice che il Pd è il partito del nulla. Beppe Grillo è un provocatore. Pone all’attenzione temi importanti. Lo fa con eccessi insopportabili di presunzione. Tutto questo è però irrilevante. Beppe Grillo se si iscrive al Pd, se raccoglie le firme dovute e se accetta per iscritto le regole statutarie del partito ha diritto a essere candidato. Che nessuno lo fermi o sarà la morte di quel partito. Un partito di massa non può avere paura di un comico.

Il lavoro nobilita, il precariato no?

lavoroprecario2099_img

di Carlo Santulli

Come diceva Nanni Moretti in una celebre battuta di “Palombella rossa”, “le parole sono importanti”. Ecco, penso proprio di sì, le parole sono importanti, in quanto si caricano di significati “altri”, riflettendo la nostra visione della vita, le nostre ansie e così via.

Ci pensavo qualche tempo fa, vedendo in giro per Roma (ce ne saranno anche altrove, ma lì mi trovavo e lì li ho visti, con ossessiva ripetitività) dei manifesti del PD, dove c’era un uomo con la scadenza stampata sulla fronte (e fin qui tutto bene, perché una scadenza purtroppo ce l’abbiamo tutti, anche se forse non con tanta evidenza). Quello che ho trovato offensivo, è però il testo “Il lavoro nobilita, il precariato no”.

Confesso: lavoro a contratto da tanti e tanti anni, e non mi lamento, perchè potrebbe andarmi molto, ma molto peggio (per esempio essere disoccupato, o letteralmente sulla strada): inoltre ho le mie soddisfazioni (capisco che questo sembri curioso a chi ha scritto il brillante manifesto, ma è così). Ora scopro che non sono nobile, come tanti “precari” (una parola, diciamocelo, odiosa, partorita da qualche genio del sindacato negli anni ’70).

Senza negare che chi lavora col posto fisso sia nobile, mi permetterei solo di far osservare che chi è “precario” innanzitutto lavora, quanto e a volte più degli altri, poi vive nell’incertezza del rinnovo del contratto, oppure deve trovare un altro lavoro dove riprendere il discorso, deve sentirsi dire dalle aziende che è fuori mercato (specie se ha passato i quaranta); non parliamo poi del discorso contributivo, ecc. ecc.

Non voglio fare “la lagna”, perché non è nel mio stile, però tutte le cose di cui sopra sono, secondo me, nobili, o meglio è molto nobile fare tutto questo e non farsi prendere dallo scoramento e dall’avvilimento, con buona pace del manifesto del morente partito dell’ex-opposizione. Insomma, contribuire a mandare avanti il paese, talora protestando, ma anche lavorando silenziosamente il più delle volte.

Lo so, lo so, che il messaggio che il manifesto voleva dare era positivo, il PD ci vuole tutti stabilizzati, conosco questa storia: ma non sarà domani, questo è certo. E intanto che aspettiamo e lottiamo (nobilmente, se permettete) per favore, rispettateci davvero. E cominciate a non chiamarci più precari, che dentro molti di noi hanno un coraggio di andare avanti, che tanto labile e precario non è. Tant’è vero che dura da anni ed anni, e non accenna a finire.

D’Alema: Facebook non basta

Massimo D’Alema, intervistato oggi da Repubblica:

[…] Per troppi mesi siamo rimasti sospesi nell’incertezza del “partito leggero”: non abbiamo capito se doveva essere un partito di iscritti, di sezioni, di gazebo. Il risultato è un ircocervo, che oggi nessuno sa ben definire. La mia vecchia sezione Ds contava 427 iscritti, era un centro vivace, pieno di iniziative. Quando abbiamo fatto il Pd, e abbiamo dato vita alla cosiddetta “elezione per adesione”, sono venute a votare 687 persone. Da allora, più nulla. Il tesseramento è iniziato con grande ritardo. Oggi la sezione ha 120 iscritti, e non ha più neanche una sede. Casi analoghi sono avvenuti in tante parti del Paese. Oggi il Pd ha grosso modo la metà degli iscritti che avevano i Ds. …Un grande partito, se vuole essere riformista e di massa, deve avere regole, strutture. Bisogna che la gente lo trovi, nel suo quartiere, nella sua città. Certo, lo deve trovare anche su Internet, su Facebook, o nelle piazze quando c’è una manifestazione. Ma questo non basta, non può bastare.

È finita così

Stamani il sindaco di Venezia Massimo Cacciari ha dichiarato:

La responsabilità del fallimento non è nè di Soru nè di Veltroni: è il Pd nel suo insieme che non va. Si tratta di un vento nazionale che spira in questo Paese. E il Partito Democratico non è in grado di tenerlo: tutta la leadership del partito – sosteneva Cacciari – in questi mesi si sta dimostrando non all’altezza della situazione. Non si affrontano i problemi organizzativi (che ho sottolineato tante volte), non si sviluppa un dibattito politico-strategico all’interno del partito, la dialettica è ancora bloccata sulle vecchie leadership e non si promuovono forze giovani. In questa situazione quanta strada si vuole fare? È evidente che finisca così.

Oggi pomeriggio, poi, è davvero finita così.

O innovazione, o morte

veltroni-1

Walter Veltroni ha dato un ultimatum, che suona però un po’ fuori tempo massimo, oltre che vago e indeterminato: “O innovazione, o morte”.

A prescindere dalla constatazione sotto gli occhi di tutti dello stato comatoso, se non proprio della morte, nel quale versa già da un pezzo per il Pd, c’è da chiedersi cosa intenda il buon W.V. per “innovazione”, a meno che non intenda proseguire sulla strada del lodevole, ma in fondo velleitario, social networking dell’immancabile Facebook…