Meno che umani

Ratko MladicLa settimana scorsa la televisione bosniaca ha trasmesso una serie di video amatoriali del criminale di guerra più ricercato al mondo, il serbo-bosniaco Ratko Mladic. Jasmina Tesanovic ha inviato dalla Serbia una toccante testimonianza, oggi pubblicata da PeaceLink. Un estratto:

Ci sono coloro che credono ai loro occhi più che i loro funzionari, che credono in fatti più che in ideologia, che credono che la pace può venire solo attraverso la giustizia. E quando dico noi pochi, mi riferisco agli attivisti, i diritti umani, gli avvocati, le famiglie di Mladic di vittime, e coloro che, senza volerlo, in un modo o nell’altro, attraversato il cammino di nascosto nascosto generale.

Srebrenica: processo ai caschi blu olandesi

Dietro questa storia ci sono un uomo, una donna, una famiglia e 8000 fantasmi; le vittime del massacro di Srebrenica. Ricordate? Era il caldo luglio del 1995. C’era la guerra in Bosnia. L’uomo è Hasan Nuhanovic. Ora ha 40 anni. Allora era un interprete dei caschi blu olandesi. È stato uno dei pochi sopravvissuti a quella che è stata definita “la peggiore atrocità” commessa in Europa dopo la Secondo Guerra Mondiale.

La donna è Liesbeth Zegveld, avvocato di Amsterdam, specializzata nella difesa dei diritti umani. Mehida, Damir e Alma Mustafic sono invece la famiglia di Rizo, meccanico impiegato presso la base militare delle Nazioni Unite della cittadina bosniaca. Lui non ce la fece: venne ucciso dai soldati del generale serbo-bosniaco Ratko Mladic. Il 16 giugno, la vedova e le figlie di Mustafic sedevano accanto ad Hasan, e dietro al loro avvocato, nella aula del Tribunale dell’Aja. Dove è iniziata una delle più importanti cause riguardanti il massacro. E non è l’unica che parte in questi giorni. Il 18 giugno un’altra corte olandese discuterà della denuncia presentata da un’associazione che si chiama “Le madri di Srebrenica”, una sorta di prima class action del genocidio.

(da Panorama.it)

Per approfondire l’argomento della strage di Srebrenica:
“Processo agli Scorpioni”, di Jasmina Tesanovic.