Poi dicono che la profezia dei Maya era sbagliata…

Liberation
Le retour de la Momie

Scrive oggi Libération:

La prophétie maya de la fin du monde serait-elle en train de se réaliser avant l’heure en Italie ? «Le retour du Caiman coincide avec l’approche de la malédiction», ne peut s’empêcher de noter, dans le quotidien indépendant Il Fatto quotidiano, la journaliste Giovanna Trinchella. Comme elle, la plupart des éditorialistes italiens adoptent un ton accablé, ce lundi, après l’annonce du retour de Silvio Berlusconi en politique, et celle de la démission de Mario Monti. []

La semiotica del videomessaggio di B.

Annota, con fotografico puntiglio, La Stampa:

Il Berlusconi che entra nelle case degli italiani in abito scuro, camicia celeste e cravatta blu a piccoli disegni, è seduto a un tavolo da lavoro candido, con fascicoli alla destra e alla sinistra e, davanti, il testo sul quale comunque non si abbassa lo sguardo, probabilmente per l’uso del “teleprompter” che permette di leggere mantenendo lo sguardo alla telecamera.

Anche alle spalle di Berlusconi lo sfondo è bianco, con scaffali pieni di libri. E con le cornici d’argento scintillante che incastonano, in secondo piano ma sufficientemente visibili, il padrone di casa (perchè proprio nella Villa San Martino di Arcore il video è girato) insieme ai propri figli, in momenti di serenità che la loro età e la silhouette delle figure data indietro nel tempo.

Soprattutto la presenza  delle fotografie dei familiari, così vistosamente esposte all’occhio della telecamera, sembra voler lanciare con tutta evidenza un messaggio rassicurante, se non da bravo “pater familias”, almeno da ricco, se non saggio, patriarca.

Vendola ultima chance

Scrive Piero Sansonetti su Gli Altri Online:

[…] Credo che ormai per Nichi Vendola non ci sia più nessuna possibilità di rinviare. Suo malgrado è diventato l’unico leader della sinistra presente sulla scena. E sebbene non disponga di un partito robusto, sebbene si trovi in una posizione parecchio isolata, sebbene debba scontrarsi con le ostilità di diversi leader piddini, è bene che rompa gli indugi.

Cosa vuol dire rompere gli indugi? Ci sono due possibilità. La prima è quella di chiedere che si convochino subito le elezioni primarie per scegliere il leader della coalizione che in primavera dovrà affrontare Berlusconi. E’ vero che le elezioni non sono ancora convocate, ma ormai è abbastanza sicuro che ci saranno e che ci saranno  allo scoccare della primavera. E’ una buona idea quella di chiedere le primarie: ha però pochissime probabilità di realizzarsi.

La seconda opzione è quella di accogliere la proposta che è stata avanzata nei giorni scorsi da Nicola Latorre, vicepresidente dei senatori democratici. In che consiste? In sostanza nel rifondare il Pd. Cioè prendere atto della sconfitta e del fallimento del Pd del Lingotto, e ricominciare da capo. Mettendo insieme gran parte delle forze del Lingotto, e forze esterne, importanti, tra le quali la forza di Nichi Vendola, e chiamare queste forze esterne non ad aderire al Pd ma a rifondarlo insieme. […]

Come non essere d’accordo? C’è davvero da chiedersi – se non fosse una domanda retorica – come mai il Pd non riesca a cogliere questa opportunità, forse l’ultima chance che resta al partito per sfuggire all’immobilismo che lo sta lentamente portando alla consunzione.

(via Gli Altri Online)

L’autunno di Berlusconi?

Scrive Alexander Stille nel suo blog, col consueto acume e considerando il berlusconismo in una, ahinoi, sconsolante prospettiva storica:

[…] Si potrebbe forse dire che e’, in qualche modo, finito il berlusconismo, o almeno un certo tipo di berlusconismo, cioe’ il berlusconismo come modello ideale capace di fare sognare la gente. Quando Berlusconi ha cominciato c’era nel suo elettorato un vero entusiasmo tra i suoi elettori, un convincimento (contro tutta l’evidenza  dei fatti, a mio avviso, ma non per questo meno genuino) che Berlusconi era l’uomo dei miracoli, capace di fare dell’Italia quello che ha fatto alla sua azienda e di fare degli italiani quello che ha fatto agli azionisti della Mediaset. C’era anche il convincimento che la ricchezza personale di Berlusconi fosse un fatto positivo: troppo ricco per farsi corrompere, piu’ pratico, piu’ in  gamba e piu’ a contatto con i bisogni della gente dei politici tradizionali. Credo che questo mito sia tramontato. Ormai gli scandali degli ultimi due anni hanno reso fin troppo evidente che Berlusconi s’interessa quasi esclusivemente degli interessi suoi a scapito del bene pubblico; che s’interessa poco dei problemi del paese; e che Berlusconi invece di porre fine alla corruzione e il clientelismo che hanno caratterizzato la Prima Repubblica li ha continuati e forse peggiorati.  Tutto cio’, non significa che questi elettori non voteranno piu’ per il centro-destra o per Berlusconi, ma lo faranno senza grandi illusioni e con stanchezza, per ragioni di tornaconto personale (almeno Berlusconi non mi manda la Guardia di Finanza) o per disaffezione verso la sinistra.

Fini capo dell’opposizione

“Io gliel’ho detto… confonde la leadership con la monarchia assoluta”.

Gianfranco Fini ha timbrato con il sigillo della terza carica dello Stato un pensiero comune tra milioni di italiani. Quel che si nasconde dietro i taccuini, appare dinanzi ai microfoni accessi in un convegno del “Premio Borsellino” a Pescara. Fini parlava di Berlusconi, del pentito Spatuzza e delle inchieste giudiziarie con il procuratore Trifuoggi.

Una leggera e cordiale chiacchierata – merito o colpa del video – diventa un manifesto politico che spiega le contraddizioni nel Pdl e le revisioni del comunista ex missino. Ecco l’esplosivo: “Il riscontro delle dichiarazioni di Spatuzza, speriamo che lo facciano con uno scrupolo tale da… perché è una bomba atomica”. Trifuoggi: “Assolutamente si… non ci si può permettere un errore neanche minimo”. F: “Si perché non sarebbe solo un errore giudiziario, è una tale bomba che… Lei lo saprà: Spatuzza parla apertamente di Mancino, che è stato ministro degli Interni, e di … (ndr Berlusconi?). Uno è vice presidente del CSM e l’altro è il Presidente del Consiglio…”.

Ecco la miccia: “”No ma lui, l’uomo confonde il consenso popolare che ovviamente ha e che lo legittima a governare, con una sorta di immunità nei confronti di qualsiasi altra autorità di garanzia e di controllo: magistratura, corte dei Conti, Cassazione, capo dello Stato, Parlamento. Siccome è eletto dal popolo…”. A futura memoria: “Ma io gliel’ho detto… confonde la leadership con la monarchia assoluta…. poi in privato gli ho detto… ricordati che gli hanno tagliato la testa a… quindi statte quieto”. Che i Bondi e i Capezzone diano fuoco alle fiamme. O alle ceneri.

(via Fatto Quotidiano, 1 dicembre 2009)

Potere al popolo (di S.B.)

Tempo

Al di là del titolo surreale, alla Che Guevara de noantri sfoggiato in prima pagina dal Tempo, sulla vicenda del Lodo Alfano interviene oggi Ezio Mauro, in un suo commento dal titolo La forza della democrazia su Repubblica:

ERA dunque incostituzionale il lodo Alfano, come abbiamo sempre sostenuto, in un Paese dove è saltata l’intercapedine liberale, e l’estremismo del potere viene benedetto da un finto establishment e dai suoi cantori, incapaci di richiamare il rispetto delle regole perché incapaci di ogni responsabilità generale. Ecco dunque il risultato. Il presidente del Consiglio, insofferente dell’autonoma e libera pronuncia di un supremo organo di garanzia, che opera a tutela della Carta fondamentale, dà fuoco alla Civitas e al sistema dei poteri che la regola, travolgendo nelle sue accuse la Corte, la magistratura e persino il capo dello Stato. Un gesto certo di disperazione, ma anche la prova dell’instabilità istituzionale di questo leader che nessuna prova di governo, nessun picchetto d’onore, nessun vertice internazionale è riuscito a trasformare, quindici anni dopo, in uomo di Stato.

Terrorizzato dai suoi giudici, e più ancora dal suo passato, il premier non si è accorto di reagire pubblicamente alla sentenza della Corte come se fosse una condanna. […]

La guerra lercia

Scrive Concita De Gregorio su l’Unità:

Un assaggio della guerra che ci aspetta in autunno. Non sporca, lercia. La battaglia finale di un uomo malato, barricato nel delirio senile di onnipotenza che sta trascinando al collasso della democrazia un paese incapace di reagire: un uomo che ha comprato col denaro, nei decenni, cose e persone, magistrati, politici e giornalisti, che ha visto fiorire la sua impunità e i suoi affari dispensando come oppio l’illusione di un benessere collettivo mai realizzato. Dall’estero guardano all’Italia come un esempio di declino della democrazia, una dittatura plutocratica costruita a colpi di leggi su misura e di cavalli eletti senatori. Vent’anni di incultura televisiva – l’unico pane per milioni – hanno preparato il terreno. Demolita la scuola, la ricerca, il sapere. Distrutte l’etica e le regole. Alimentata la paura. Aggrediti i deboli.
È una povera Italia, un piccolo paese quello che assiste impotente all’assalto finale alle voci del dissenso condotto da un manipolo di body guard del premier armate di ministeri, di aziende e di giornali. L’ultimo assunto ha avuto il mandato di distruggere la reputazione del “nemico”. Scovare tra le carte gentilmente messe a disposizione dei servizi segreti, controllati dal premier medesimo, dossier personali che raccontino di figli illegittimi e di amanti, di relazioni omosessuali, come se fosse interessante per qualcuno sapere cosa accade nella vita di un imprenditore, di un direttore di giornale, di un libero cittadino. Come se non ci fosse differenza tra il ruolo di un uomo pubblico, presidente del Consiglio, un uomo che del suo “romanzo popolare” di buon padre di famiglia ha fatto bandiera elettorale gabbando milioni di italiani e chi, finito di svolgere il suo lavoro, va a letto con chi vuole – maggiorenne, sì – in vacanza con chi crede. La battaglia d’autunno sarà questa: indurre gli italiani a pensare che non c’è differenza tra il sultano e i suoi sudditi, tra il caudillo e i suoi oppositori. Non è così: la parte sana di questo paese lo sa benissimo.
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